domenica 21 febbraio 2010

Filiera Editoriale - propedeutica verso un Modello migliore

L'elaborazione di un Modello di Filiera Editoriale credo sia necessario per due ragioni: la prima è il desiderio di formalizzare con uno schema quello che accade nello scenario dell'Editoria [forse per me ancora troppo poco esplorato]; la seconda è il prezioso aiuto che, io credo, un tale modello riuscirebbe a dare per identificare aspetti/caratteristiche/esigenze finora [magari anche] sfuggite nelle numerevoli ed interessantissime discussioni che da un anno almeno arricchiscono l'Internet di contenuti.

Qualche tempo fa mi sono dilettato a costruire un Modello rifacendomi alla pila protocollare ISO/OSI e, anche per i commenti che hanno seguito la pubblicazione delle slide, ho subito realizzato che qualcosa mancasse. C'era il bisogno di raffinare schemi e relative osservazioni.

Il processo logico/mentale stimolato dal Modello [i.e. il processo che, con il Modello ultimato -ma anche durante la sua elaborazione- riesce a dare stimoli, a generare dubbi, a verbalizzare osservazioni] è, in effetti, il fine ultimo del Modello stesso. Perchè, almeno per me, è con queste osservazioni/riflessioni che si potrà capire meglio il fenomeno e, magari, anche provare a prevederne le possibili evoluzioni.

Con la lettura dell'articolo di Luigi, From Interfaces for Applications Portability to Open System Environment Profiles, mi sono reso conto che, probabilmente, l'ISO/OSI non è la strada migliore da seguire. È forse di un profilo OSE [definizione in NOTA] che abbiamo bisogno per come è concepito e per la intrinseca semplicità di utilizzo [quanto meno, apparentemente, al livello concettuale]. Probabilmente in un tale profilo potrebbe essere superata anche l'ambiguità di fondo [confusione tra contenuto e canale] che Gigi mi faceva notare a suo tempo sul suo webeconoscenza. La sensazione è che le metafore sociali, così utili per un tale modello, sono meglio rintracciabili in una opportuna struttura di un profilo OSE che in una pila ISO/OSI.

Questa mia ultima considerazione proviene dal confronto che ho fatto tra l'ISO/OSI e l'OSE [le definizioni sono fornite nella NOTA].


Quello che, in effetti, mi ha colpito e che ha spontaneamente dischiuso la strada verso l'approfondimento del modello OSE è il paio di affermazioni che ho trovato nell'articolo scientifico di Luigi e che qui di seguito riporto:

[1] While profiles defined in the OSI world are built with a bottom-up approach (one or more available standards with a choice of options), the OSE concepts lead to a top-down approach (defining profile from the business requirements).

[2] Defining an environment from the user requirments may lead to identify some services which are not yet supported by the standars; these 'gaps' are used to identify areas where standardzation work is needed: the top-down approach introduces a 'pro-active' view of standardization, rather than a re-active one.

Faccio fatica ad interiorizzare la prima delle due nel senso che non sono ancora così sicuro che la pila ISO/OSI sia costruita con un approccio Bottom-Up; ciò su cui sono sicuramente d'accordo è che il Bottom-Up [inteso come approccio alla questione che parte da un'indagine sulle necessità dell'Utente] sia la chiave per trovare la soluzione. L'essere più snello del Modello OSE e la visione che ne ricavo a caldo di una sua natura social-oriented, saranno oggetto di alcune mie ricerche al fine di sviluppare un Modello di Filiera più fedele e, per questo, più utile allo scopo.

Che ne pensate?

NOTA: di seguito sono fornite le definizioni di ISO/OSI e OSE che aiutano già a intuire qualcosa.

OSI Model: Open System Interconnection Reference Model (OSI Reference Model or OSI Model) come is an abstract description for layered communications and computer network protocol design. It was developed as part of the Open Systems Interconnection (OSI) initiative. In its most basic form, it divides network architecture into seven layers which, from top to bottom, are the Application, Presentation, Session, Transport, Network, Data-Link, and Physical Layers. It is therefore often referred to as the OSI Seven Layer Model.

OSE Model: Open System Environment (OSE) Reference Model (RM) or OSE Reference Model (OSE/RM) is one of the first reference models for Enterprise Architecture. It provides a framework for describing open system concepts and defining a lexicon of terms, that can be agreed upon generally by all interested parties.

9 commenti:

LB ha detto...

Trovo quasi incredibile il tuo lavoro di analisi retrospettiva.

Il tentativo di gestire l'evoluzione di un sistema aperto definendo un quadro di riferimento OSE, cioè un Framework, che prendeva atto di quelle che erano le carenze del processo d'implementazione degli standard ISO/OSI, è stato fatto prima di tutto per tentare di mettere d'accordo i costruttori.

Il lavoro Bottom-up si riferiva al fatto che lo sviluppo degli standard (tecnici) OSI partiva dal basso, procedendo tanto a rilento che i prodotti capaci d'implementare i livelli superiori del modello arrivavano sul mercato prima degli standard (de jure) ufficiali.

I profili OSE cercarono di anticipare "gli ingredienti" necessari a "cucinare" gli aspetti (non tecnici ma funzionali) applicativi, come la loro portabilità e interoperabilità, attraverso sistemi diversi.

In questo senso i profili OSE si potevano interpretare come ricette di cucina, spostando l'enfasi da un contenuto tecnico (e prescrittivo) degli standard OSI, a un contenuto funzionale (propositivo e opzionale) che poteva essere definito con successo più dall'utente che dal costruttore.

Il processo di definizione dei profili OSE, in ottica costruttore, apparica Top Down; in ottica utente, invece, diventa Bottom Up e ... propedeutico.

Proverei a dire, ad esempio, che offire una rete sociale (intesa come strumento) richiede al fornitore un approccio Top Down.

Se l'utente volesse, invece, porsi l'obiettivo di fare una rete sociale (intesa come fine) dovrebbe partire proprio dal basso .. magari dall'email o meglio ancora dal sistema operativo del suo PC ... mica da Facebook ... :-))

Sono sei ore avanti con il fuso orario .. vedo palme e orchidee .. ci sono 35 gradi e forse sono (del tutto) giù di testa .. ma ho pensato di fare questo commento per sottolineare il bisogno di un aproccio propedeutico.

Marco Dal Pozzo ha detto...

Luigi!
Non mi sembri affatto giù di testa :)

I miei tempi sono stati e saranno lunghissimi, questo è sicuro. Come è sicuro che voglio arrivare ad una conclusione...

Anche perchè qui c'è tanto altro da fare :)

Lia Bianco ha detto...

Luigi: se continuassi con la metafora della ricetta di cucina, forse avrei qualche speranza di capirci qualcosa anche io! :) Confido in te!

LB ha detto...

Lia e Marco:
ho letto il nuovo post sul tema Filiera Editoriale .. verso la definizione dei requisiti OSE.
La complessità del discorso di Marco, che aspetta di poter specificare un Modello (una roba tecnica, da Dott Ing e da Architetti), rischia di (tornare a) naufragare per la mancanza di quella strategia dell'ascolto che emerge dal discorso rivoluzionario di Lia.
Non pensate che ci vorrebbe "un modello" anche per una strategia dell'ascolto?
Cosa ne pensate di ispirarsi al modello Eataly?
Io sul tema credo che ne potrei dire di cose .. ma non sono ancora capace di limitarmi a 140 caratteri ... ;-)

LB ha detto...

Marco:
rettifico URL del post .. discorso rivoluzionario di Lia;
ricordati di togliere spam dai commenti a questo post .. che l'ho anche amplificato.

Marco Dal Pozzo ha detto...

Luigi,
capisco quello che dici. E lo capisco perfettamente [e tanto somiglia al messaggio che dai nel tuo articolo].

Ma voglio perseguire questo mio obiettivo, ad un modello voglio arrivare e poi proporlo.

Non pretendo che sia comprensibile il cammino verso il raggiungimento dell'obiettivo [e cioe' il modello OSE e i tecnicismi annessi] ma daro' il massimo perche' sia accessibile quello a cui arrivero'.

Non so bene ancora dove arrivero' ma sicuramente tirero' fuori uno schema a blocchi e cerchero' di spiegarlo.

E poi il mio compito [parlo dell'impegno assunto con me stesso] io l'avro' esaurito e comincero' a parlare di altro!

Eataly? Sono stato finora a Bologna, Torino e Pinerolo: una realta' davvero coinvolgente!

LB ha detto...

Marco,
credo che che tu ti stia mettendo sulla strada giusta.

Mi sembri però ancora un po' troppo "zavorrato" dall'ansia di arrivare a qualcosa di proponibile.

Una "strategia dell'ascolto", per un obiettivo come il tuo, deve nascere quando parti verso la meta; deve accompagnarti durante il percorso.

In questo momento gli interlocutori che possono capire le tue intenzioni sono pochini; se ce ne sono .. possono solo essere degli "specialisti" o "professionisti"; come te.

Perché vuoi rischiare di scoprire, quando crederai di avver raggiunto la tua destinazione, che i "non professionisti" o "non specialisti" [quelli che nelle intenzioni del tuo obiettivo dovrebbero essere "gli utenti"] non capiscono e/o non partecipano?

La parte più difficile di una "strategia dell'ascolto" [spero che Lia possa venirmi in aiuto] è mettere gli altri in grado di dire cose diverse da quello che noi già sappiamo, o che possiamo capire più facilmente.

Dai un'occhiata all'esempio di Etaly Bologna; ci trovi un calendario di eventi prenotabili.

Gl eventi del calendario Eataly si svolgono in in CONTESTO che offre un'INTERFACCIA tra CULTURA e GASTRONOMIA ..
ora, dal punto di vista di uno che aspetta da vent'anni di presentare un CONTESTO OPEN SYSTEM ENVIRONMENT (un contesto OSE) in modo comprensibile agli utenti, dovremmo fare uno sforzo (Lia, tu e io) per arrivare a capire il tipo di eventi (prenotabili) che potrebbero realizzare un'INTERFACCIA di ASCOLTO tra MONDI reali e virtuali (io dico W2WAI), individuando, selezionando e integrando PERSONE del WEB e del TERRITORIO (io dico PROLOCOWT).

L'ho fatta lunga; non so dirlo meglio nè nel tuo linguaggio nè in quello di Lia.

Marco Dal Pozzo ha detto...

Luigi,
la strategia dell'ascolto la applico da parecchio, direi da sempre. Se non avessi ascoltato in questi tre anni di vita del mio blog, non mi sarei mai potuto permettere di parlare e scrivere. Di nessuno degli argomenti in cui mi sono avventurato.

Sulla questione dell'Editoria ascolto tantissimo, leggo tantissimo e, volendo comunque dire la mia, con l'obiettivo di non voler essere ridondante [non ne sarei capace!] ho deciso di percorrere questa strada.

I modelli sono importanti, aiutano a capire i fenomeni e aiutano a prevederne le evoluzioni. Probabilmente è arduo e presuntuoso da parte mia applicare un simile esercizio ad un tema così liquido.

Ma sento questa esigenza...
se non avessi ascoltato non sarei nemmeno arrivato a pensare di poter fare questo passo [i toni che uso sembrano descrivere un qualcosa che è molto molto di più di quello che in realtà è!]. E, accompagnandomi ancora con l'ascolto, confido di arrivare a qualcosa.

Ci sono pochi interlocutori in grado di capirmi? Non ne sarei così sicuro ma ci provo lo stesso e non è detto, poi, che gli interlocutori siano soltanto quelli della Rete ;)

LB ha detto...

Forse non ci siamo ascoltati abbastanza; forse tra te e me ci vuole un'interfaccia; l'ho gia detto anche a Gigi; prima o poi finirò per dirlo anche a Lia.

Dal mio punto di vista sarebbe una cosa buona.