venerdì 24 giugno 2011

La Trappola di Twitter. Bill, ma fammi il piacere!



Nell'ultimo numero di Internazionale ho trovato un articolo, la Trappola di Twitter, di Bill Keller, il direttore del New York Times. L'ho letto più di una volta per capire se, oltre a quello esplicito delle parole, ci fosse qualche messaggio in più da captare. Ma l'unica cosa che sono riuscito a trovare è una visione davvero ristretta di ciò che Twitter e i Social Network siano; a dir poco curioso per chi dovrebbe sapere quanto tali strumenti siano utili anche da un punto di vista giornalistico.

La sua è una condanna a Twitter (ma è un discorso generico che riguarda tutti i Social Network) colpevole di:

  1. alleggerire la memoria delle persone;
  2. erodere la capacità di concentrazione delle persone e
  3. essere una fonte di distrazione aggressiva (Twitter è nemico della contemplazione).

Personalmente ritengo che:

  1. I Social Network e, prima ancora, il Web sicuramente contribuiscono a delegare quello che prima non si poteva delegare se non alla memoria. Ma questo è un bene, non un male. Ciascuno di noi ha le sue fonti, ha la sua Rete Sociale da cui rifornirsi di informazioni e riferimenti che, al momento opportuno, sono pronti ad essere tirati fuori per una disamina critica in un post, o per un commento veloce su Twitter o FriendFeed per originare una nuova discussione. E le discussioni sono quelle che poi aiutano la contestualizzazione, la "significazione" ed una "interiorizzazione" (non "memorizzazione"). Senza i Social Network l'accesso ad informazioni e a persona sarebbe notevolmente ridotto e ben venga una delega!
  2. I Social Network non erodono la capacità di concentrazione. Tenendo ovviamente fuori dal discorso lo scambio giornaliero di battute fatto di #giao e di #piastrelle, sono estremamente convinto che la concentrazione venga addirittura stimolata. Gli stimoli sono le parole di persone con le quali siamo in contatto (e che difficilmente si sarebbero potute contattare senza le tecnologie di cui ora disponiamo). Tali stimoli, se degni della nostra attenzione, sono potenzialmente in grado di evolvere in un percorso che "solo" delle limitazioni (a volte infrastrutturali, altre volte culturali, altre volte "di sistema") impediscono si trasformino in Saggezza.
  3. I Social Network non sono, nella maniera più assoluta, nemici della contemplazione. Anche qui, al netto dei #giao e delle #piastrelle, ogni cinguettio è un potenziale abilitatore di significati e sensi perchè avviano una riflessione, una contemplazione. Perchè nello spazio di un sms non manca mai un link e poi...sappiamo tutti come funziona Internet, la Rete delle Reti.

E' ovvio che ragiono considerando la mia personale esperienza (fatta anche di "cazzeggio"); è, quindi, altrettanto ovvio che la Rete e i Social Network non sono vissuti da tutti come cerco di viverli io. Ma trovo profondamente sbagliato demonizzarne l'uso in un articolo che mi pare addirittura superficiale. Ci sarebbero altri spunti criticabili nel pezzo di Bill Keller (vi rimando al all'articolo originale sul sito della testata americana) e sono contento che Internazionale abbia scelto di ribattere al Direttore con un pezzo di Nick Bilton, uno degli autori del blog di tecnologia del New York Times.

C'è poco da fare, bisogna diffidare da chi dice "Every time my TweetDeck shoots a new tweet to my desktop, I experience a little dopamine spritz that takes me away from . . . from . . . wait, what was I saying?"

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