Il Decimo Rapporto Censis/Ucsi sulla comunicazione (via) contiene dei dati a mio avviso sorprendenti. La Tabella 1 (per comodità la riprogongo qui di seguito), che mostra l'evoluzione dell'utenza complessiva del consumo dei media, ci dice infatti che (1) nell'anno 2007 c'era un 45.3% di utenti Internet, 21.1% di utenti dei quotidiani online e 67,0% di utenti di quotidiani a pagamento e che (2) nel 2012, invece, abbiamo: 26,1% di utenti Internet (+16,8% rispetto al 2007), 20,3% di utenti di quotidiani online (-0,8%) e 45,5% di utenti di quotidiani a pagamento (-21,5%).
Il dato che sorprende è la flessione dell'utenza dei quotidiani online in un periodo (2007-2012) in cui l'utenza Internet è aumentata. Se le cose stanno così, c'è da preoccuparsi molto più di quanto non debba preoccupare il dato dei quotidiani in generale (-16,2% dal 2007 al 2012).
Cosa è successo perchè calasse il numero di lettori di quotidiani online mentre aumentava il numero di utenti di Internet? Cosa è successo in Rete negli ultimi cinque anni? La risposta (almeno una delle possibili risposte) la conosciamo tutti: i Social Network! Considerando Facebook, i dati sempre aggiornati di Vicenzo Cosenza ci dicono che, in Italia, siamo passati da 216,000 iscritti del Gennaio 2008 a 22,424,380 iscritti del Settembre 2012 (cioè un salto di quasi il 40% nel periodo 2008-2012).
Nel rapporto si dice che, anche in virtù di un aumento degli utenti di siti web di informazione che non fanno capo a testate giornalistiche, non è il bisogno di informazione ad essere diminuito, ma sono cambiate le strade percorse per acquisire le informazioni. Quindi, se il calo dei lettori dei quotidiani fosse dovuto (anche) al proliferare dei Social Network, si potrebbe concludere che queste nuove strade passano attraverso la discussione abilitata sulle nuove piattaforme sociali. Ma è una conclusione troppo immediata e semplicistica che non tiene conto della complessità del fenomeno.
Il Censis/Ucsi ci offre una conclusione di tenore diverso. Nel rapporto, in riferimento alle strade alternative per l'approvigionameto di notizie, si dice che "spesso si tratta di semplici aggregatori di notizie prelevate da organi ufficiali di informazione. Il problema è che hanno successo nella misura in cui si adeguano alla tendenza diffusa tra i navigatori della rete di personalizzare non solo l’accesso alle fonti, ma anche la selezione dei contenuti di informazione. Si può arrivare a creare su ogni desktop o tablet un giornale composto solo dalle notizie che l’utente vuole conoscere. Precisamente il contrario del ruolo che storicamente ha svolto la stampa, quello cioè di formare un’opinione pubblica che esprime pareri diversi ragionando sulle stesse cose. È questo il rischio di solipsismo di Internet: milioni di persone sull’intero pianeta continuamente connesse tra loro e rivolte contemporaneamente verso se stesse, in definitiva secondo un meccanismo di introflessione; la rete come strumento nel quale si cercano le conferme delle opinioni, dei gusti, delle preferenze che già si possiedono; il conformismo come risultato della autoreferenzialità dell’accesso alle fonti di informazione." (con le sue osservazioni, il Censis, offre molto materiale di riflessione)
Dov'è la verità? Come sempre, credo, nel mezzo. Come dice Michele Polo nel suo ultimo libro, si perde quando si vuole rubare troppo tempo all'utente. I Social Network offrono una opportunità all'informazione mordi e fuggi ma anche una ghiotta occasione per discutere. Quanto sia pericolosa questa modalità di fruizione non lo so dire. Con forza, invece, torno a dire della necessità di guardare il problema anche da un punto di vista pedagogico.
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