giovedì 6 agosto 2009

Twitter! o Twitter?



E' davvero difficile orientarsi, senza avere almeno il brivido di affogarci dentro, nel mare delle informazioni riguardanti Twitter e il modo più opportuno per sfruttarne le potenzialità per far decollare Online il proprio Business. E' praticamente impossibile segnalare tutte le fonti semplicemente perchè se ne parla ovunque; mi limito a seminare in questo post alcuni link a qualcuno dei più significativi articoli in cui mi sono imbattuto negli ultimi tempi per poter poi fare delle brevissime riflessioni e domande sparse anche sul "caso Italiano".

Di sicuro interesse sono le esperienze dirette raccontate dai responsabili di piccole attività; forse meno interessanti sono i classici "consigli per". Eh si, anche per saper utilizzare Twitter quel che conta di più è il passaparola! Ascoltare la voce di chi, proprio grazie a Twitter, fa cinque clienti di più a sera nel proprio ristorante è molto meglio che perdersi nell'elenco dei Segreti che, per quanto esposti da fonti autorevoli, non trovano mai il modo di essere troppo convincenti [anche se supportati da Casi Reali] per chi decide di non avvalersi dell'esperienza di una professionalità del settore [esternare o internalizzare la gestione dei Social Media? questione interessante, questa!].

Il caso reale ha insite delle preziose indicazioni del ROI; mentre di dollari/euro non c'è nemmeno l'ombra nelle bibbie online delle quali scettici utilizzatori non possono quindi fidarsi.

C'è da dire, però, che la storia è molto differente rispetto a quella che, negli anni passati, ha riguardato i Corporate Blog. Non sono mai riuscito a trovare dei riferimenti chiari sul ROI del tempo investito nell'aggiornamento di un Blog Aziendale [di tipo External]; ho letto sull'argomento libri molto interessanti ma pochissimi erano [sono tuttora?] i responsabili d'Azienda disposti ad investire in una strategia di comunicazione basata su Blog senza che si riuscisse [riesca?] preventivamente a dimostrarne la validità in termini economici. Quei libri li ho letti [soprattutto] per passione e ritengo che siano indispensabili a chi fa della Comunicazione sul Web il proprio mestiere ma, a meno che non si disponga di eccellenti doti persuasive, è davvero difficile convincere qualcuno a buttare denaro su un progetto di cui è possibile soltanto intuire il benefico effetto!

La storia è diversa anche perchè, in fin dei conti, cinguettare non prende via molto tempo [dalla Dell dichiarano di non perderci più di qualche minuto a settimana] e, con i cinque minuti di lavoro che servono a redigere in 140 caratteri l'annuncio di un nuovo piatto al ristorante dietro l'angolo, se si riesce a fare anche un solo cliente in più ci sarebbe da essere contenti! Insomma: il provarci non comporta un forte investimento fatto salvo il necessario sforzo iniziale per comprendere il meccanismo del Tool e pianificare un minimo di strategia. Vero è, c'è da dirlo, che in cinque minuti è possibile anche riuscire a far danni!

E i sondaggi? Su MarketingCharts qualche tempo fa ce n'era uno in cui si dimostrava scarsissima convinzione sull'efficacia di Twitter sia tra addetti ai lavori sia tra i Consumatori. Su tale report Harris Interactive addirittura osservava "It is the advertisers and marketers who should play the lead role in promoting consumer education if they truly want to move Twitter beyond infancy and into its ‘tween years". Come dire: promuovere lo strumento per fare promozione e solo dopo utilizzarlo per la promozione. Contorto a dirsi, figuriamoci a farsi! Per fortuna Mr Kimball non ha letto questo articolo, altrimenti non avrebbe mai aperto il suo account su Twitter!

E qui in Italia come siamo messi? Ammetto di dover approfondire ma vi chiedo: ci sono casi di successo di Business Online su Twitter? Credo un problema sia che, anche per quanto ho maturato negli ultimi mesi ribaltando completamente una convinzione che avevo, non è vero che ciò che sta funzionando dall'altra parte dell'oceano sia destinato a funzionare anche qui da noi [i.e. è semplicemente una questione culturale!]. Ed è inoltre fondamentale tener conto che il bacino di fruizione del messaggio, di qualsiasi natura esso sia, non è possibile crearlo dal nulla: è inutile parlare a chi non potrà mai ascoltare.

Prima ancora che chi comunica, sul Web deve trovarsi il target! La domanda è molto generica, lo riconosco, ma la faccio lo stesso: esiste un target italiano su Twitter che non sia fatto semplicemente da [Web] Marketers o Geek?

Come consigliereste ad un'Azienda di muoversi su Twitter? Quali argomenti utilizzereste?
Non credo basterebbe dire che in America ci sono dei casi di successo. Siete d'accordo?

7 commenti:

bragiu ha detto...

Eccolo qua! :)
Parto da un presupposto.
Se hai a che fare con un'azienda recalcitrante al "2.0" (tanto per intenderci) la cosa è molto più tortuosa, ma questo è ovvio.
Cosa dovrebbe spingere un'azienda a twittare?
Secondo me il concetto di base è invece di altro taglio. Cosa dovrebbe spingere un'azienda a esporsi? Twittare è solo uno dei modi di buttar fuori notizie aziendali.
Ora, convincere qualcuno a twittare tanto per farlo ha effetti deleteri sia nell'immediato che nel lungo periodo.
Io tenderei a usare un paragone.
In base al livello dell'azienda /interlocutore ti faccio un esempio.
L'AD va ad un aperitivo "di lavoro" e parla con X, gli butta lì qualche idea sul come sviluppare un progetto, senza parlare di vendere, ma solo idee e prospettive.
Twitter cos'è di diverso? Non è un "buttar li" notizie che un bacino enormemente più ampio può cogliere? Non è un colloquio informale uno a molti in cui prima o poi, se sai parlare senza falsità commerciali, ti "farai un giro" di conoscenze e di amicizie che portano a contatto e prospect?
Forse così si può aprire una crepa nella diffidenza. Cosa ne dite?
PS: Meno corposo di quello che temevo :D

Marco Freccero ha detto...

Mi accodo, e concordo. Aggiungendo l'ovvio: non esiste alcuna ricetta, alcuna strada, né trucchi. Ogni azienda è un mondo a sé, e come tale deve affrontare Twitter o qualunque altro social network con stili, obiettivi, differenti da tutti gli altri. Già far intendere questo è (credo), un lavoraccio.
Diciamo la verità: cultura aziendale significa soprattutto umiltà e studio, mentre per molti è solo perdita di tempo. Meglio i trucchi, le soluzioni chiavi in mano (che non funzionano quasi mai), le furbate, le apparizioni che durano il lancio di una linea di prodotti e poi saluti e baci.
E a molti utenti (e aziende), va bene così, sia chiaro...

bragiu ha detto...

Il mix perfetto per un evangelist sarebbe di infiltrare cultura con qualche colpo di teatro.
Quando troverò il modo di farlo mi metterò a fare il consulente anche io ;)

Marco Dal Pozzo ha detto...

Grazie per gli intereventi :)

E' vero, Twitter è un colloquio formale uno a molti e non esiste nessuna ricetta particolare. Credo che la linea guida [in generale per ogni cosa] è semplicemente quella di usare il "buon senso"!

Ma per me il problema principale, lo ripeto, è che se non c'è un corposo target del messaggio che vuoi seminare [indipendentemente dal mezzo che si intende utilizzare], c'è poco da fare: non funziona!

Beppe, l'evangelizzazione di cui parli la si può fare ad un CEO e si possono anche ottenere risultati. Ma poi?

Marco, il fattore culturale cui ti riferisci è di tutto il panorama italiano, IMHO!

bragiu ha detto...

@MdP: Poi sei all'inizio della corsa, ma non hai una bici, hai una macchina ben carrozzata. Da li cominci l'avventura in cascata con le "spalle coperte" dal CEO convinto.

Marco Dal Pozzo ha detto...

Ok Beppe!
E così se fai il consulente ti sei messo qualche soldo in tasca!

Ma le soddisfazioni professionali devono ancora arrivare ;)

bragiu ha detto...

:)
Riuscire a convertire una mentalità aziendale "old style" direi che non è affatto poco :)