Quando ho acquistato Chiesa e Web 2.0 (*), non ero per niente sicuro di quello che avrei potuto trovarci. Ma la curiosità di veder confutati o meno dei personali pregiudizi mi ha spinto all’acquisto e, quindi, alla lettura.
Confesso che, quella che Vincenzo Grienti [l'autore del volumetto] offre, è una visione del Web attuale, con un punto di vista al passo coi tempi e per nulla spaventata delle potenzialitàdel mezzo. Direi praticamente scontata. E questo mi ha sopreso positivamente! Le conclusioni riassumono le raccomandazioni dell’autore: il Web è un mezzo nel quale la Chiesa ha necessità di entrare usando [e facendo usare] buon senso, consapevolezza e competenza. Insomma niente di rivoluzionario o reazionario.
Ci sono stati, però, dei passi che mi hanno fatto fare riflessioni che voglio condividere con voi.
[1] Grienti riporta di quelle che egli stesso definisce apprensioni rispetto alla cultura informatica che ostacolerebbero l’adozione della tecnologia da parte della Chiesa. Da un lato c’è una difesa della memoria interiore e personale che sembra insidiata, come già Platone lasciava intendere a proposito della scrittura che dopo la fase orale avrebbe nuociuto all’interiorizzazione del sapere, rendendo “più saccenti che sapienti”. Dall’altro c’è la possibile deriva agnostica prodotta da così tanti dati affastellati grazie alla nuova possibilità indotta dai motori di ricerca.
Queste due preoccupazioni non mi convincono. La tecnologia minerebbe la memoria di se'? Allontanerebbe il baricentro della propria esperienza di vita da se stessi? E poi: la grosse mole di dati ci porterebbe distanti dalla conoscenza? Probabilmente ho bisogno di rivedere un pò di ciò che sapevo degli studi di filosofia del Liceo [qui mi espongo seriamente al rischio di banalizzare il problema]; di certo posso dire che al Web, e ai contatti che riesce a facilitare, riconosco un ruolo fondamentale nella ricerca di [almeno parte di] se' grazie al confronto con l’altro e nel percorso verso la conoscenza che, senza questa mole di informazioni, sarebbe lungi dall’essere acquisita!
Certo, occorre buon senso, consapevolezza e competenza. Ma, considerate le raccomandazioni che Grienti riassume nelle conclusioni, non vedo davvero di cosa ci si debba preoccupare!
[2] Forse quello che manca ad Internet sono l’ascolto attivo e l’empatia.
Non può, questa, essere un’affermazione di carattere generale. A smentirla c’è, almeno, la mia personale esperienza: solo l’ascolto attivo [online fatto di lettura e scambio di idee] e l’empatia mi hanno fatto stabilire delle relazioni che sono riuscito a fissare anche offline. Solo questione di fortuna? Non è forse vero che le persone si scelgono reciprocamente? Tanto offline quanto online e con criteri simili?
[3] L’autore cita il pensiero di Pierluigi Ridolfi, astrofisico e presidente dell’Associazione Amici dell’Accademia dei Lincei: Ogni generazione, fin dai tempi più antichi, è stata simile a quella che l’ha preceduta: i figli imparavano dai genitori e a loro volta insegnavano ai propri figli, eventualmente con l’aggiunta ogni tanto di qualche novità dovuta al progresso. Ma ora, per effetto delle nuove tecnologie elettroniche, siamo di fronte a un vero salto. La generazione dei ventenni,che nel 2020 potrebbe cominciare ad andare al potere, da chi sta imparando? Qual è la loro visione del futuro? La tecnologia, che sembra rendere tutto facile, li sta preparando a gestire le grandi tematiche (lavoro, ambiente, energia, culture diverse) che oggi ci preoccupano?
Questa riflessione mi lascia davvero interdetto: come si fa a ritenere responsabile una tecnologia del potenziale fallimento di una generazione? Non sono forse la famiglia in cui si cresce, l’educazione ricevuta e la cultura respirata in casa che preparano i giovani ad affrontare i problemi che già adesso viviamo? Se online non si individua una generazione illuminata non è certo a causa del mezzo! Non credo poi sia vero che la tecnologia renda tutto facile: probabilmente rende facile ciò che prima non lo era ma di sicuro pone nuovi obiettivi e traguardi ambiziosi da raggiungere.
Tre riflessioni, le mie. Aspetto le vostre :)
(*) Come già detto, il Web 2.0 è una marketta!
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