domenica 30 ottobre 2011

l'informazione è un Bene Comune. Ma al #serviziopubblico si vende!

E' di estremo interesse un passaggio dell'annuncio di Sandro Ruotolo di lasciare la RAI per tentare l'avventura in Servizio Pubblico, l'Associazione di Michele Santoro che, la prossima settimana, inaugurerà la stagione su diversi canali privati e, ovviamente, sul Web.

L'Informazione è un Bene Comune.

Presa così, l'affermazione è suggestiva e non può che incontrare la mia approvazione.

Quello che non riesco ancora a mandare giù è la richiesta fatta alle persone di una quota di 10 Euro. Ho spiegato le ragioni per le quali mi sono rifiutato di fare la donazione: a mio avviso la questione è stata posta male. Male, a mio modesto avviso, la pone anche Ruotolo:
l'informazione è un Bene Comune e, in quanto tale, non deve essere soggetta e mercificazione; che è esattamente quello che avverrà con la vendita delle inserzioni pubblicitarie.

Una rinuncia alle inserzioni pubblicitarie ed una sensibilizzazione al consumo consapevole del prodotto editoriale. Questa una possibile strada!

Sono consapevole che un mio minor tasso di integralismo e una maggiore ispirazione al buon senso, mi consentirebbero di apprezzare una iniziativa che, quantomeno, afferma la libertà di informazione. Non è poco ma non posso non constatare - e segnalare - che siamo ancora lontani da una soluzione Etica.

Probabilmente, alla fine del mio percorso - quando avrò terminato il Social Business Plan promesso al RomagnaCamp - mi renderò conto che...un'altro mondo non è possibile. Ma, fino a prova contraria [che mi aspetto essere fatta anche dai vostri commenti e dalle vostre osservazioni] io vado avanti così.

Aggiornamento del 7 Novembre 2011
Dopo la prima puntata andata in onda lo scorso 3 Novembre, riporto qualche passo dell'articolo di Giovanni Boccia Artieri su apogeonline. Raccomando fortemente di andare a leggerlo tutto!


Perché a Twitter non piace Servizio Pubblico

thumbnailConosciamo bene le strategie di messa in onda del nuovo programma di Michele Santoro, Servizio Pubblico, che ha stimolato la sua audience attraverso un’operazione di azionariato diffuso: bastavano 10 euro per renderlo un evento possibile e ha raccolto circa 100.000 sottoscrittori-associati. Sì, perché alla base dell’organizzazione troviamo l’Associazione Servizio Pubblico che nello statuto ne declina così le finalità: «L’associazione non ha fini di lucro neanche indiretto e si propone di favorire la più completa libertà d’espressione, la libera circolazione delle idee e la piena attuazione del pluralismo nei mezzi di comunicazione. Finalità dell’associazione è la promozione di iniziative e attività culturali, di formazione e ricreative, per attivare l’incontro tra le diverse identità culturali dell’Europa e del Mediterraneo e quindi contribuire allo sviluppo civile e culturale degli associati e, in generale, dei cittadini dell’Unione Europea».
Non solo spettatori
La promessa è: non siete solo spettatori, fate parte di qualcosa e con la vostra piccola azione economica rendete possibile questo “qualcosa”, siete editori diffusi e pubblico allo stesso tempo: il sogno pro-am sembra realizzarsi nella nuova intermediazione complessa che viene messa in piedi per realizzare il ciclo di programmazione. 
Che cosa dicono i numeri

  • 12,03% di share assommando gli ascolti di tv regionali (2.276.418 spettatori) e SkyTg24 Eventi (645.113), altri dati stimano tra 12% e 14% complessivo;
  • 172.000 spettatori che hanno seguito lo streaming su Facebook;
  • 400.000 utenti sul sito del Corriere della Sera e altri 400.000 sui siti del Fatto Quotidiano e dell’associazione Servizio Pubblico, mentre su Repubblica.it 5 milioni di contatti e più di 300.000 utenti medi contemporanei.
A questo andrebbero aggiunti dati qualitativi tutt’altro che trascurabili, come il fatto che la pagina Facebook ha raccolto «120.000 risposte complessive ai sondaggi e più di 5.000 commenti» o che è stato «l’evento live più seguito di sempre su iPhone e iPad in Italia, con un picco di 4.000 utenti contemporanei» oppure che è stato trending topic su Twitter per l’intera serata, con 2.500 follower che si sono aggiunti durante l’evento.
Commenti su Twitter
@lucasofri: “Noia, vado a leggere di meglio, buonanotte”.
@Jacopopaoletti: “@lucasofri avrebbe dovuto essere un modo nuovo (e possibilmente diverso) di fare informazione e approfondimento, peccato”.
Sui contenuti
@damnation4sale “#ServizioPubblico una puntata tipica di anno zero solo più lunga e più libera. Attendiamo di meglio ancora!”

@lucasofri “Insomma, la nuova invenzione televisiva di #ServizioPubblico è il #pippone” pippone senza fine”
@gianlucaneri “Durante l’intervento di Travaglio è tornata l’ora legale”

@webgol “Manca un feticcio narrativo di cdx da punzecchiare con sadismo fumogeno. E così del rito di Santoro si vedono le quinte, tipo B-movie”
Sul finanziamento

@mante: “Il servizio è pubblico ma la pubblicità è da privati #serviziopubblico”.
@s_grizzanti: “#serviziopubblico ha pure al pubblicità? Dopo che ha chiesto 10€ a persona per autofinanziarsi? Cazzo conviene pagare il canone Rai!”
@calogerogrifasi: “Mandate pure la pubblicità ma restituite i 10,00€ #serviziopubblico”.
Il dubbio su cui si è discusso online circa la natura di quella pubblicità – se fosse del programma o dei canali – è facilmente risolvibile leggendo le dichiarazioni di Publishare :
Publishare ha gestito la raccolta pubblicitaria su Servizio Pubblico, quattro break da quattro minuti ciascuno che sono andati in onda in diretta nazionale sul network di tv regionali; gli stessi spot sono stati trasmessi anche da tutti i siti internet che avevano in streaming il programma.
@ItalianPolitics: “Cacchio! #Santoro: “Prevediamo un costo/puntata di circa €250mila a puntata”. Ma usi più streaming e voip a basso costo!”
Oltre il palinsesto

@diritto2punto0 “#serviziopubblico mi sembra pensato ancora per la televisione. Il web, per ora, appare un ripiego se l’interazione è limitata al sondaggio…”
È vero, che ci sia il web, che si facciano i sondaggi su Facebook, che il pubblico diventi follower su Twitter rappresenta, al solito, un tema di estremo interesse per i media generalisti. Ma quella che abbiamo visto resta televisione, una tv che sostituisce al televoto il like. La partecipazione degli azionisti diffusi non l’abbiamo vista. Fatevi fare domande dal web, mandate nel sottopancia i tweet o fateli scorrere in uno schermo dietro chi parla prendendole come provocazioni, create canali multipli di interazione, portate la redazione social network in studio… le cose da fare possono essere molte, semplici e complesse, rischiose o meno. Ci avete fatto comprare il diritto di fare una nuova televisione intermediale, nessuno vi censurerà né vi farà uscire dal palinsesto.

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