domenica 8 luglio 2012

#digitfi12 e l'ultima crociata

Tantissimi i motivi di discussione e riflessione degli incontri di Giovedì scorso nell'ambito di Dig.it, la due giorni fiorentina interamente dedicata al Giornalismo Digitale.


I messaggi positivi: Nicola Novelli, Direttore responsabile di Nove da Firenze, il primo giornale on line fiorentino dal 1997 e Oreste Giurlani, Presidente Uncem Toscana e Sindaco del Comune Fabbriche di Vallico.
Durante il suo intervento, Novelli ha detto: "un progetto editoriale deve essere fatto a sostegno di un territorio. Un progetto che non ha questo obiettivo, è destinato a fallire."
Credo sia proprio questo lo spirito che anima il lavoro presentato poi da Giurlani: promozione di iniziative destinate a far fronte alla richiesta e alla necessità di fare informazione nei territori montani; la realizzazione di una piattaforma online ad hoc, dovrà - però - essere giocoforza accompagnata da azioni mirate per l'abbattimento del divario digitale di cui le zone di riferimento ancora soffrono.
È evidente che chi ragiona in questo modo ha a cuore in primo luogo l'obiettivo sociale della testata giornalistica più che quello dell'Impresa Editoriale.

I messaggi negativi: Nicola Amelio, Vicepresidente di ANSO (Associazione Nazionale della Stampa Online) e Davide De Crescenzo, Direttore responsabile di www.intoscana.it.
Quali sono i comunicati stampa da pubblicare per una testata locale online? Non è più pensabile di pubblicarli tutti ma, oltre a considerare l'eventualità (necessità?) di stipulare dei Contratti di Servizio, sarebbe il caso di dare spazio soltanto a quelli che possono portare del traffico. Questo il consiglio che Amelio ha dato ad una giornalista molto interessata di PisaNews. Di stessa ispirazione la strategia illustrata da De Crescenzo: intoscana.it conta sulla qualità dei contenuti perchè siano sorrette strategie di marketing e comunicazione.
È chiarissimo, in questi interventi, che l'obiettivo sociale passa in secondo piano rispetto a quello di fare ricavi. Mi sbaglierò, avrò letto male le parole, ci sarà stato poco tempo perchè si potesse fare un discorso più organico; sta di fatto che la parola sociale non è stata mai pronunciata!

I numeri: Massimiliano Gallo, condirettore de linkiesta e Pier Luca Santoro, che da Giornalaio ora si è messo a fare anche il Mago!
Non lo sapevo ma pare che linkiesta sia partita, prima di ogni altra cosa, dall'assetto societario: nessuno avrebbe dovuto detenere più del 5% delle quote. Un Modello a garanzia di maggiore libertà e pluralismo.
Ecco, invece, alcuni dei numeri del Mago: i lettori online crescono ad un ritmo superiore a quello di crescita degli utenti di Internet, metà degli utenti di Internet leggono i giornali online, gli investimenti pubblicitari su Internet salgono, i bilanci delle imprese dicono che si comincia a risalire con i ricavi. Quest'ultimo dato, però, può incoraggiare soltanto in parte poichè si risale soltanto con i tagli della forza lavoro e, dice il Mago Santoro, è indispensabile cominciare a generare nuovi ricavi. Come? La strada da percorrere, dice Pier Luca Santoro, passa attraverso la Specializzazione (verticalizzazione dei contenuti) e Diversificazione (non soltanto pubblicità).

Le Conclusioni di Dig.it: Mario Tedeschini Lalli e Alessio Jacona.
Il primo è stato molto tranchant: il Santo Graal non esiste: il Modello di Business che ha tenuto in piedi il giornalismo (su carta) non è più applicabile (online) e non ce ne sarà un altro. Mi sembra di aver colto una speranza che richiamava la ricetta illustrata qualche minuto prima dal Mago Santoro: diversificazione.
Alessio Jacona è stato invece molto amaro: "sono tre anni che stiamo discutendo di questo argomento, ma non è stato ancora risolto nulla."

Le Conclusioni mie partono proprio dalle parole di Alessio Jacona. Se nulla è stato fatto in questi tre anni è perchè, evidentemente, non ci sono state nè volontà nè azioni politiche.
Credo non si possa puntare alla qualità dei contenuti per fare cassa sul fronte delle inserzioni pubblicitarie; penso invece che si debba fare leva sul ruolo sociale che ogni quotidiano deve avere per il [per la crescita del] proprio territorio di riferimento. Ritengo che questo sia il valore del quotidiano, del giornalista che lo fa e dell'articolo che viene prodotto. Fin quando i cittadini non avranno compreso questo valore; finchè non si saranno create le basi per stabilire un rapporto di mutua fiducia tra Cittadini (chi scrive e chi legge), ha ragione Tedeschini Lalli, non c'è modello che tenga.
Il Modello Fotovoltaico, con il quale tormenterò chi usa curiosare da queste parti ancora per qualche mese, assegna allo Stato il ruolo cruciale di restituire al giornalismo la funzione sociale che gli appartiene, e di contribuire ad innescare - tanto da un punto di vista tecnologico, quando da un punto di vista "applicativo" - il reciproco scambio, anche materiale (i.e. economico), tra tutti gli attori in gioco. L'innesco, inutile dirlo, si chiama finanziamento con una formula che, ad esempio, premi organizzazioni Editoriali come linkiesta, proprio per come è fatta la sua struttura societaria (personalmente sono sostenitore delle Imprese Editoriali come Imprese con Finalità Sociali, alla Yunus - nessun profitto ed eventuale surplus reinvestito in competenze e tecnologie) e che penalizzi lo spam.

Un Governo di Tecnici, quando ci si voglia davvero porre tali obiettivi, è quanto di più deleterio ci possa essere. Un Governo che taglia può dare, e solo sul breve periodo (ma non è detto che sia così), soltanto l'illusione che tutto vada bene.

È necessario ed urgente dare al più presto allo Stato un nuovo indirizzo politico che abbracci ogni sfera dell'intervento pubblico. In fin dei conti, il Modello Fotovoltaico, pur essendo rivolto ad una singola sfera, è un indirizzo politico.

NOTA 1: Ah, poi ho scoperto che il Santo Graal ce l'avevamo dietro l'angolo!
NOTA 2: Si, avete ragione: forse avrei dovuto chiamare queste riflessioni: #digitfi12 e la prima crociata.

Aggiornamento del 9 Luglio 2012
Segnalo il pezzo di Alessio Jacona che, ovviamente, riassume meglio il suo intervento.
Sull’agonia del giornalismo italiano (digitale e non)

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