La situazione del Guardian non è buona: dietro i successi che sembra avere online, purtroppo, ci sono gli insuccessi della versione cartacea. Su carta, infatti, il Guardian è al decimo posto tra gli undici quotidiani nazionali britannici nella versione cartacea; in Rete, invece, è al secondo posto.
Purtroppo il saldo è negativo (nel 2010 e nel 2011 ci sono stati tagli al personale) a causa di un approccio letteralmente dicotomico: la carta si paga (e ci mancherebbe), la versione online no. Uno sforzo, che tradisce una filosofia evidentemente non sostenibile, viene fatto solo per le versioni iPhone (4,99 ridicole sterline annue) e iPad (un più credibile importo di 9,99 sterline al mese).
Juan Señor ha raccontato a Tim de Lisle, in un articolo/intervista al Direttore del Guardian, Alan Rusbridger (da cui ho preso i dati richiamati in apertura, via), che "il giornalismo del Guardian può anche piacermi, ma non mi sembra sostenibile. Sono stati annunciati altri licenziamenti, è una tragedia. E poi hanno speso un sacco di soldi per i tre porcellini". Insomma, pare che il concetto di Open Journalism e quello di The Whole Picture non funzioni come si potrebbe pensare. Señor dice che, alla fine, "il Guardian uscirà solo nel fine settimana. Conserverà l'edizione online, mi auguro a pagamento, concentrando le risorse sull'edizione del fine settimana."
Non so se Señor abbia ragione oppure no. In ogni caso, a ciò che dice, mi piace aggiungere un'altra questione: e se lo Scott Trust, proprietario del quotidiano inglese, da Fondazione si trasformasse in Impresa con Finalità Sociali?
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