sabato 20 ottobre 2012

una Grande Comunità #ilsabatodimdplab #42

I Social Media nati all'inizio del nuovo millennio non hanno dato vita a una rete sociale, l'hanno solo strutturata. Così Alexis C. Madrigal, del The Atlantic, argomenta in un articolo intitolato "Dark Social: We Have the Whole History of the Web Wrong" e ripreso su Internazionale di questa settimana con un titolo meno duro: "Passaparola Digitale".

Lo scambio di informazioni avveniva già prima, attraverso questo Dark Social; ciò che il Social Web ha aggiunto è la pubblicazione e l'archiviazione della condivisione. Questo vuole dirci il giornalista americano con un modo che, però, a mio avviso, non mette sufficientemente in risalto l'impatto epocale che il Social Web  ha avuto nel processo di crescita di ognuno di noi.
[Come mi ha suggerito Luigi nei commenti, forse sarebbe meglio dire: Questo vuole dirci il giornalista americano con un modo che, però, a mio avviso, non mette sufficientemente in risalto il potenziale epocale che il Social Web può offrire ai processi cognitivi di ognuno di noi].

È ovvio che, senza l'azione umana di significazione e attribuzione di senso, nessun passo in avanti può essere fatto nel percorso che - partendo dai dati disponibili dell'ecosistema informativo in cui siamo immersi - porta all'innovazione e al benessere di una società; tale percorso, però, sarebbe molto più complicato se - insieme con l'azione umana - non si potesse contare anche su un'azione tecnologica, un supporto che favorisca l'organizzazione dei dati (lo schema WIKiD dice proprio questo).
[Non si dimentichi la crescita di Capitale Sociale]

Oltre che garantire un supporto di archiviazione (penso al Social Bookmarking), il Social Web, proprio per la possibilità di "pubblicare ciò che si condivide" (qui siamo già a Facebook e Twitter), ha reso possibile la crescita anche attraverso la discussione.


Non che nel Dark Social non si discutesse/discuta, anzi! Lo scambio e la circolazione di link via e-mail o in chat ne sono una testimonianza. Il fatto è che immagino questo Dark Social come una somma di una miriade di Comunità (in senso "Tonniesiano", via) che, per quanto fondamentali per continuare a garantire - in contrasto alla liquidità descritta da Bauman - un pò di solidità al mondo che abitiamo, non sono - a mio modesto parere - la soluzione migliore perchè, lo stesso mondo che abitiamo, cresca e si rinnovi.
C'è bisogno, insomma, di connessioni deboli e, senza guardare almeno un pò ciò che l'altro condivide (perchè lo ha pubblicato grazie al Social Web), non si va troppo lontano. Bauman mi perdonerà se, sempre Tonniesianamente parlando, dico che c'è anche bisogno di Società. D'altra parte: non è forse questa la meta del viaggio di cui lo stesso Bauman parlava giusto un anno fa? Almeno se si intende Società come Grande Comunità (una Grande Intranet, più o meno)?

Ma, c'è da dirlo, bisogna metterci molto di proprio. Il Social Web, in questo senso, è soltanto uno strumento.

4 commenti:

LB ha detto...

A proposito di
[CITAZIONE dal tuo post]
.. il giornalista americano .. non mette sufficientemente in risalto l'impatto epocale che il Social Web ha avuto nel processo di crescita di ognuno di noi.
[FINE CITAZIONE]

modificherei la tua affermazione con:

il potenziale epocale che il Social Web può offrire ai processi cognitivi di ognuno di noi.

La mia è un opinione da Webmarell ... che ti ringrazia per averla ospitata :-)

Marco Dal Pozzo ha detto...

Decisamente d'accordo!!!

Per come l'ho scritta io, sembra che questo potenziale sia esploso gia' da tempo e sia esploso per tutti.
E' evidente che non e' cosi'...

Una delle ragioni e' insita nella frase che chiude questa riflessione: dire che il Social Web e' solo uno strumento equivale a dire che il Social Web va utilizzato "con criterio"!

LB ha detto...

Si d'accordo! ma quale criterio vogliamo scegliere?

Il criterio d'uso del web che motiva tanti a indagare la natura del "sociale oscuro" non ci porta da nessuna parte; somiglia solo al tentativo di capire la natura cosmologica della "materia oscura" e tradisce l'ansia del mercato di sfruttare al meglio lo strumento per conoscere il consumatore fin nel suo intimo più recondito. Secondo me, naturalmente.

L'effetto collaterale più dannoso di questo tipo di analisi di tendenza mi sembra l'impecoronimento o la massificazione subdola dell'individuo; sembra che lo si voglia tenere lontano dall'arrivare a percepire il significato e il potenziale di un "legame debole".

La scelta di un criterio d'uso dello strumento in questione dovrebbe avvenire nella direzione di una massimizzazione del potenziale evolutivo del singolo e quindi, mia interpretazione, dovrebbe essere una ricerca di acquisizione d'interoperabilità [tra persona e persona e tra persone e territorio].

Non credo si possa dare una definizione preventiva, o un modello, di cosa sto cercando di dire, utile a determinare una scelta di comportamento.

Penso piuttosto che si possa solo capirlo vivendolo, cioè scegliendo di condividere la ricerca di una soluzione a un problema, di tipo "gestione bene comune".

Marco Dal Pozzo ha detto...

Non ho molto da aggiungere alla tua ultima osservazione, caro Luigi.

Credo che l'unico criterio d'uso debba essere "usare il buon senso".