sabato 24 novembre 2012
Propagande #ilsabatodimdplab #47
Il conflitto israelo-palestinese si sta comsumando anche sul web in quella che qualcuno ha definito la guerra di Twitter (via) o battaglia degli hashtag (via). L'analisi di Veronica Orrù e Matteo Castellani Tarabini esprime legittimi dubbi sull'efficacia della campagna di comunicazione dell'esercito israeliano perchè "In un mondo sempre più interconnesso, l’opinione pubblica ha oramai la possibilità di mettere in discussione le interpretazioni dominanti fornite dai governi e dai media mainstream, divenendo parte attiva nella costruzione di narrazioni alternative e nella descrizione degli eventi." Ad anno nuovo ci saranno le elezioni in Israele e a Netanyahu occorre una operazione che gli possa assicurare i voti per essere nuovamente a capo della coalizione governativa: come dice ancora Matteo Castellani Tarabini, per Netanyahu, "mostrarsi deciso sul caso Gaza è probabilmente un tentativo di spostare l'attenzione dell'israeliano medio su fattori esterni al paese"; la ripresa delle ostilità, per ora interrotte da un "cessate il fuoco" - che nessuno sa come e quanto durerà - è un tentativo "per arginare quell'opposizione che invece mette sul tavolo le questioni economiche e sociali".
Posso solo rallegrarmi che in Italia non ci siano dei motivi di conflitto; per il resto, niente di nuovo: la distrazione delle folle dai "problemi reali del Paese" (perdonate il luogo comune) è una strategia alla quale il berlusconismo degli ultimi venti anni ci ha abituato. Come ha detto Contita De Gregorio la scorsa settima a Pescara, in occasione del Festival delle Letterature dell'Adriatico, la costruzione dell'ignoranza è un progetto politico. Un progetto politico che Berlusconi ha fatto davvero pochissima fatica a mettere in atto. Un progetto politico che, stuprando il sistema informativo italiano, con la prostituzione di tanti degli attori impegnati dall'altra parte del megafono (da questa c'eravamo e ci siamo ancora noi), ha fatto sembrare informazione ciò che era comunicazione, autentica propaganda. Non credo di scoprire nulla di nuovo quando rifletto sul fatto che non c'è conoscenza senza comunicazione: non c'è conoscenza proprio perchè non c'è informazione!
Giuseppe Granieri, dipingendo scenari politici futuri, parte dall'osservare che "una società con maggiore informazione alza le aspettative e chiede una politica di maggior qualità". Fino a qualche anno fa questa sarebbe stata un'utopia; oggi, con le nuove piattaforme sociali del Web, questo è diventato possibile: (1) con la selezione delle fonti su un carico informativo senza dubbio aumentato, si può davvero separare l'informazione dalla comunicazione (per vedere quali sono davvero "i problemi reali del Paese") e (2) si può pensare di organizzarsi "dal basso" in piattaforme come LiquidFeedback (che lo stesso Granieri ci ricorda). Per adesso, tornando per un attimo in medio oriente, è incoraggiante vedere sullo stesso terreno contendersi lo scettro della verità tanto l'esercito israeliano (impegnato in una campagna al tempo stesso impressionante e inquietante) quanto i cittadini che, armati di smartphone, riescono a dare una visione forse anche più reale della situazione.
E in Italia? Qui succede che LiquidFeedback sia usato come specchietto per le allodole per catturare audience in un programma ancora molto broadcast-oriented, condotto da un personaggio che, facendo come la volpe con l'uva, risponde, all'americanata (io lo dico con ironia!) del minuto e mezzo a risposta nel confronto su Sky dei cique delle primarie del centro-sinitra, con il televoto stile grande fratello per la scelta del leader politico italiano. Anche questa - per quanto con oggetto diverso - è comunicazione, propaganda. Ed è la propaganda di una casta: la casta dei giornalisti (perchè esiste anche quella. E se lo dice Concita De Gregorio, io ci credo).
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