Non so dire se l'uomo abbia più paura o sia più curioso del futuro. Sta di fatto che, proprio intorno al futuro, in tempi di Big Data, la scienza della previsione sembra stia trovando sul Web un terreno molto fertile. Recorded Future (via) e l'algoritmo partorito dal MIT sono soltanto un paio di esempi prodotti da una tradizione millenaria capace di dare alla luce anche il Web Bot.
Mettersi un pò nei panni di Marty McFly e lasciarsi guidare da questi tool, dei meccanici Emmet Brown, ha il suo fascino ma mi chiedo se davvero questa rincorsa verso il futuro abbia un senso. Sono già tanti i dati del presente da dover processare, che pensare di poter gestire anche quelli relativi ad un tempo che deve venire ha qualcosa di disumano. O, forse meglio, di disumanizzante.
La distruzione dell'intero universo ipotizzata da Doc è troppo, almeno c'è da augurarselo; ma entrare e farsi risucchiare nel vortice di un carico informativo insostenibile, con simili premesse, non è una ipotesi che consola.
Se è già così complicato capire il presente (e, prima ancora, il passato), come si può pensare di poter prevedere il futuro? Che poi, a pensarci bene, se si parla di previsione è come se si stesse dando per scontato che il corso della storia è immutabile, già segnato; basterebbe, invece, l'analisi del passato per pensare di poterlo cambiare, questo futuro (ad esempio servendosi di figure professionali in grado di alleggerire il peso del carico informativo con la Content Curation in un ecosistema che, magari, ricompensi equamente tutti gli attori).
Insomma, scendiamo da questa benedetta DeLorean!
2 commenti:
Sono d'accordo, Marco. Il cambiamento è spesso buona cosa.
Infatti quello che personalmente mi spaventa un po' è l'utilizzo da parte di strutture governative per contrastare i naturali cambiamenti innescati dall'ecosistema civico.
Roberto
Lo dico io che le Agendaìe Digitali nel mondonon vanno avanti come ci si aspetta perchè "le strutture governative" ne conoscono fin troppo le potenzialità...
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