venerdì 16 novembre 2007

non voglio essere il McNamara del Web!

Ho acquistato in edicola L'Impresa, la rivista Italiana di Management ed ho trovato almeno un paio di articoli degni di studio e di approfondimento sul tema Marketing. L'esercizio che ho voluto fare e che qui ripropongo è stato quello di leggerli in chiave Web. Vorrei completaste con le vostre esperienze una discussione a mio modo di vedere di particolare interesse.

L'articolo che desidero approfondire in questo post è di Paolo Legrenzi, professore di Psicologia Cognitiva sul Pensare in Modo Strategico.

L'ipotesi di partenza è che c'è differenza tra Modello di Business e Strategia:
il Modello di Business si concentra sul senso economico di un'iniziativa senza tener conto della concorrezza. La Strategia, invece, prende atto della condivisione da parte di più imprese del medesimo modello di business; il problema si sposta quindi nel creare vantaggio competitivo.
L'osservazione di Legrenzi, che trovo molto interessante, è questa:
le aziende che hanno avuto successo a livello mondiale hanno utilizzato modelli di business consolidati ma con strategie innovative.
Penso che quello che offre il Web non sia altro che un metodo per attuare strategie innovative per Modelli di Business consolidati. Il Modello di Business del Turismo non è un'invenzione dell'ultima ora. La cosa alla quale si cerca (si dovrebbe cercare?) di lavorare per acquisire vantaggio competitivo è una nuova strategia (co-marketing ad esempio) che ha nel Web un mezzo sempre più necessario perchè tale Modello di Business abbia più probabilità di successo.
Il Web stesso rappresenta un Modello di Business consolidato salvo poi la grande invenzione del Web 2.0. Mai come adesso, infatti, sono convinto del fatto che sia una grande bufala. Il Modello è, appunto, già consolidato: la rete delle reti (almeno come idea) esiste da Arpanet; occorre semplicemente sfruttare ciò che la tecnologia mette nel tempo a disposizione (ad esempio la banda larga) per poterlo far rendere al meglio!

Ma andiamo avanti con l'articolo che si focalizza sui quattro fattori chiave della strategia. E' curioso vedere che gli esempi utilizzati per far comprendere queste teorie (che, proprio per questi esempi, sono anche dimostrate), siano riferiti a casi militari. Insomma, dopo Pompeo [1], un altro sconfitto in guerra ci fa capire quali errori non bisogna commettere dal punto di vista strategico. L'esempio riportato nell'articolo, infatti, è quello della Guerra del Vietnam in cui le strategie militari di McNamara [2] risultarono fallimentari contro quelle del Generale Giap [3].

Persistenza
La persistenza si definisce come la dedizione al perseguimento costante sui tempi lunghi, di obiettivi semplici e concreti.
In Vientam gli Stati Uniti non avevano un obiettivo preciso mentre invece i Vietnamiti volevano chiaramente la liberazione e l'unificazione del paese.

Comprensione
E' cruciale una comprensione profonda ed analitica dell'ambiene competitivo.
Giap aveva capito quali erano i punti deboli degli americani e sapeva che aveva il tempo dalla sua parte.

Risorse
Bisogna valutare accuratamente le proprie risorse, in funzione degli obiettivi, cercando di neutralizzare eventuali debolezze.
Le forme di guerriglia utilizzate ad Giap erano in grado di neutralizzare la superiorità tecnologica degli avversari, superiorità per altro riconosciuta dal generale.

Implementazione Efficace
La migliore strategia non serve a nulla se non viene messa in atto in modo efficace.
Giap non aveva mediazioni politiche da fare e prendeva le proprie decisioni in modo tempestivo. Limite, questo che aveva invece McNamara.

Vedo, in queste parole, una più discorsiva e, forse, più accessibile presentazione del metodo dell'analisi SWOT: l'Implementazione Efficace della strategia con cui Persistere in una logica di medio/lungo periodo nel raggiungimento di un Semplice Obiettivo non può non passare attraverso la Comprensione delle Opportunità e delle Minacce offerte dall'ambiente competitivo e la valutazione dei Punti di Forza e di Debolezza delle risorse (umane e non) di cui si dispone.

Mi viene in mente il caso di italia.it tornato alla ribalta negli ultimi tempi per le dichiarazioni del Ministro Rutelli circa una dismissione del Portale [4]. Diciamo che, strategicamente, con l'obiettivo di salvare il salvabile (per esempio i milioni di euro non ancora spesi), mi sembra che questa sia la scelta migliore.

L'obiettivo del Portale era davvero chiaro? Era stato compreso fino in fondo l'ambiente competitivo in cui si intendeva collocare il Portale? Le risorse utilizzate erano davvero le migliori (web designer e marketer, copywriter e grafici)? Ammesso che l'obiettivo fosse chiaro, è stato fatto tutto quanto era possibile perchè potesse efficacemente essere attuata la strategia per perseguirlo?

E' inutile tornare ad approfondire argomenti che, anche in questo blog, sono stati trattati: le risposte alle domande retoriche che ho appena posto sono state già date e in tantissimi spazi!


La riflessione, per certi versi addirittura banale, è che per non essere il McNamara del Web, per non perseverare nell'errore di italia.it, occore davvero pianificare per il Web una seria strategia.

Una strategia che deve necessariamente partire offline. Il Web non è altro che lo specchio di quanto c'è dietro l'Azienda; un'immagine, una lente di ingrandimento sulla realtà Aziendale. Una Strategia di Marketing, io credo, sarà buona solo quando entrerà in risonanza positiva con le persone che quell'Azienda la gestiscono e portano avanti dalle scrivanie e dalle officine prima ancora che dai post di un Corporate Blog e, soprattutto, con le reali esigenze della gente se si coltiva l'ambizione che diventino clienti. Il Web, se questa risonanza esiste davvero, non farà altro che amplificarla con un conseguente e naturale beneficio.

Una delle prime cose che ho imparato, all'inizio di questo percorso, è che una strategia di Marketing è vincente quando produce soddisfazione per tutti gli attori coinvolti: Azienda e Cliente. Concetto valido in tutti i campi in cui il Marketing trova applicazione e, quindi, anche nel Web.

C'era bisogno di sottolinearlo?
Forse si anche e soprattutto considerando le osservazioni che persone esperte come Claudio, Pierluca, Maurizio o Gianluca postano con una certa regolarità nei loro blog.

Ed è per questo che chiedo: ma è davvero così difficile far capire dei concetti che, perdonatemi, non mi sembrano nemmeno poi così tanto complessi ma semplicemente ispirati dal buon senso?

[1] mdplab - non voglio essere il Pompeo del Web!
[2] Robert Mcnamara - bibiografia da Wikipedia
[3] Vo Nguyen Giap - bibiografia da Wikipedia
[4] italia.it chiude - da Google

4 commenti:

Unknown ha detto...

Caro Marco,
Trovo solo ora il tempo di risponderti, sorry.
La strategia è una disciplina che nasce e si sviluppa in ambito militare per poi essere applicata ad altri settori/discipline marketing compreso.
L'idea Marketing è guerra [se ne parla recentemente anche negli spazi di Sergio Pilu - Squonk]è un idea assolutamente sorpassata ed, eventualmente, aggiornata - a proposito di Giap -dal guerrilla marketing.
Ogni tanto qualcuno prova ad inventarsi delle trovate che spesso hanno il solo scopo di dare notorietà a se stessi, in realtà le teorie del management moderno è da ormai 20 anni che non registrano alcunchè di realmente innovativo.
I concetti sono relativamente semplici è la loro applicazione che passa attraverso le persone che è complessa e, soprattutto, richiede una visione a 360° o olistica come pare piacere dire.
Nei prossimi 3 giorni ne parlerò in maniera un po più approfondita su MAblog.............stay tuned.
Un abbraccio.
Pier Luca Santoro

Marco Dal Pozzo ha detto...

Pier Luca,
nel mio viaggio nel pianeta Marketing sono questi gli esempi che forse mi hanno più affascinato; pensa che m'è venuta voglia di giocare a Risiko :D

Seguo le cose solo da un paio d'anni e quindi non so dire quale sia stata l'evoluzione...

Le tue parole, però, mi danno conferma di un'impressione che ho avuto leggendo un altro articolo (sempre su L'Impersa) a proposito dei 10 migliori progetti di Marketing del 2007: li ho letti e riletti e, a questo punto mi cerderai, di strabiliante non ho trovato granche'!

Oltre che semplicità dei concetti ho trovato anche semplicità nella loro applicazione. Ma forse è proprio questa la chiave del successo!

Sto tuned, Pier Luca.
Sempre ;)

Anonimo ha detto...

Ricordo di aver sentito dire da un Proff della Bocconi che i grandi uomini (donne) che hanno avuto successo negli affari si sono lasciati guidare dal fiuto, dal naso o dall'istinto, ignorando quasi ogni elementare principio o teoria strategica.. da Rockfeller a Madonna...in questo caso l'intuito e il talento hanno compensato lo studio a tavolino..nonostante questo amo leggere e studiare libri di management e di marketing che parlano di strategie (tra gli ultimi strategia oceano blu) e periodicamente assistiamo ad alcune "mode" più o meno valide (CRM, CEM, marketing olistico, marketing laterale, esperienziale, tribale, emozionale..)più o meno di successo... per lo più mirate a dare notorietà (e soldi) all'autore anche se i princìpi base rimangono quelli del management classico e di Drucker..

Marco Dal Pozzo ha detto...

Ciao Leonardo,
ti ringrazio per il commento (benvenuto in mbplab!).

Mi viene da dire questo: figuriamoci se quelle grandi donne e quei grandi uomini avessero avuto un minimo di "background culturale" :D

Scherzo ovviamente (visti i nomi che hai fatto) ma sono casi rari. Penso!

Io nel mio piccolo penso di non poter prescindere dallo studio. Anche perchè mi piace ancora sfogliare libri, leggere post e discuterne...