Soltanto un'apparizione fugace, mentre cerco di preparare qualcosa per il RomagnaCamp, per segnalare [via] un'iniziativa davvero interessante.
Si tratta di SchoolBook, un sito Web di News, dati ed informazioni relativi alle scuole di New York City. L'esperimento partirà il prossimo 7 Settembre ed è il frutto di una collaborazione tra il New York Times e WNYC Radio.
SchoolBook non prevede alcun pagamento per l'accesso e per partecipare alla conversazione sarà sufficiente registrarsi via FaceBook.
Come dice in un'intervista Jodi Rudoren, editor di Time's education, i contenuti saranno - sperabilmente - in gran parte prodotti dagli appartenenti a quella che, nelle intenzioni dei promotori, dovrà diventare una vera e propria comunità.
Non riesco ovviamente a prevedere quali potranno essere le evoluzioni di un simile progetto ma non posso non notarne un paio di aspetti più che positivi. Il primo, più ovvio, è la promozione dell'economia della condivisione; il secondo, dal mio punto di vista davvero innovativo, è che tale promozione venga fatta nelle e con le scuole.
In questi giorni ho iniziato la lettura del Saggio di Enrico Grazzini, Il Bene di Tutti. L'economia della Condivisione per uscire dalla Crisi. Come si legge nella lunga introduzione, il Saggio tende a dimostrare che nè le forze spontanee del mercato nè l'intervento pubblico possono da soli risolvere i problemi che ci hanno portato alla crisi che viviamo. Con questi primi pensieri nella mente, sono stato colpito nel constatare - quasi a conferma di tale ipotesi di lavoro; e a contrastare l'idea che difendo in questo spazio del ruolo centrale dello Stato - che il Pubblico non abbia praticamente alcun ruolo promotore in SchoolBook e che si faccia affidamento sull'iniziativa di istituzioni di ben altra natura [quelle che Shirky definirebbe gruppi Civici].
Non so dire se io sia più ingenuo nel guardare con occhi ammirati SchoolBook o più malizioso nel ritenere che questa sia solo una marketta [da un punto di vista sociale qualcosa di molto simile alla carità. Ma come Yunus ci ha insegnato, non è di questo che abbiamo bisogno].
A me piace pensare che questo sia un sintomo, un nuovo messaggio di cambiamento di paradigma, verso l'abilitazione di una nuova cultura che parta dall'educazione.
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