domenica 30 ottobre 2011

tra la Deriva e il Viaggio [interpretazione, comprensione e sintesi del pensiero di Zygmunt Bauman]

Avvertenza: per chi lo conosce già e ne studia il pensiero, queste note sull'intervento di Bauman al Salone dell'Editoria Sociale sembreranno banali e superficiali. Ad essi propongo la probabile novità dello schema riassuntivo e, contestualmente, chiedo correzioni ed integrazioni. Spero che questo sforzo di sintesi possa essere comunque utile a qualcuno.


Lo schema che vi presento è il mio tentativo di sintesi della lectio magistralis che Zygmunt Bauman ha tenuto ieri a Roma, al Salone dell'Editoria Sociale, sul tema "Quali sono i problemi sociali, oggi?"

L'esordio è stato stroncante: il problema sociale siamo noi!

Riferendosi alla sua giovinezza, il pensatore polacco ha raccontato che, al contrario di quaranta anni fa [quando si pensava che i problemi sociali fossero in un numero finito, c'era poca conoscenza ma alla fine - individuate le soluzioni - si era sicuri che lo Stato avrebbe interpretato le cause dei disagi e risolto i problemi], oggi i problemi aumentano sempre più, c'è un eccesso di conoscenza ("provate andare su Google" - ha detto Bauman - "ed avrete diversi milioni di file come risposta alla ricerca problemi sociali: le soluzioni prospettate sono troppe!") e, soprattutto, non si sa più chi può agire. Quaranta anni fa era sufficiente dire cosa fare; oggi, oltre a non sapere cosa fare, non si sa nemmeno chi debba fare. è evidente - ha concluso, sorridendo amaramente, l'introduzione - che Obama si sbagliava clamorosamente dichiarando "We can do it" nella sua campagna elettorale. Perchè la risposta è NO!, non si può fare. Se i metodi di risoluzione di nuovi problemi rimangono quelli antichi (guardando lo schema: solo se si crede alla Befana si può pensare di uscire dal periodo in cui siamo continuando a finanziare le banche. Il risultato è alimentare il problema, andare alla deriva)


Ci troviamo in un interregno come Gramsci l'aveva definito: un periodo in cui (per l'appunto) le vecchie cose - e le vecchie soluzioni - non funzionano più e dal quale non si sa come uscire perchè non si sa bene dove andare. Un interregno che - ha puntualizzato Bauman - non è un periodo di transizione (perchè nella transizione sono chiari il punto di partenza e quello di arrivo).

Come si è arrivati a questo punto? La risposta netta di Bauman è: per la degenerazione del capitalismo che, fallendo clamorosamente il suo obiettivo, ha prodotto una paurosa disparità nella distribuzione della ricchezza; reiterando volta per volta la scoperta e il prosciugamento di quelle che Bauman stesso ha definito "virgin land" (tradotto nel suo testo "Capitalismo Parassitario" in "pascoli vergini").

I ragazzi di Occupy Wall Street fanno i conti con nuovi problemi, li denunciano ma non riescono a formalizzarli e, di conseguenza, non riescono a trovare gli strumenti per poterli risolvere. è un movimento - ha esclamato Bauman con molto pragmatismo - che ha unito nella protesta ma che non basterà per compiere la transizione, l'uscita dall'interregno.

Ma è un movimento che (come quello degli Indignatos in Spagna) cerca di uscire dal senso di frustrazione con una reazione che assomiglia più all'inizio di un viaggio che non al perpetuarsi di una deriva.

Una frustrazione solitamente dovuta alla manifesta incapacità di capire cosa fare per uscire dal disagio e dalla terribile consapevolezza che, anche se si disponesse di una nuova soluzione, non la si potrebbe mai mettere in pratica se non facendo ricorso a delle abilità collettive.

Occupy Wall Street e gli Indignatos reagiscono - come si diceva - iniziando un viaggio.

In troppi, invece, vinti dalla pigrizia, illudendosi (io direi: venendo illusi) di uscire fuori dalla crisi, alimentano invece un circolo vizioso, buttano la benzina sul fuoco dei problemi sociali, vanno alla deriva.

Il viaggio degli Indignatos è la scalata di una montagna della quale non si riesce a scorgere la vetta; la deriva è invece una rincorsa al consumo e alla sostituzione veloce dei beni acquistati (vedi ancora Capitalismo Parassitario). Perchè il capitalismo ha di fatto portato alla commercializzazione del percorso verso la felicità e degli impulsi umani portando, nel primo caso, a individuare nei Centri Commerciali il luogo di cura del disagio; nel secondo caso a competere invece che essere solidali; una competizione diventata necessaria per paura che ci si senta risucchiati, per il terrore - ad esempio - di perdere il lavoro.

Siamo quindi individualizzati perchè - come ha concluso Bauman - non facciamo più affidamento sulla Rete delle persone nelle quali si era sempre riposta una fiducia che ora viene meno proprio per la competizione. Una competizione che ci indebolisce e ci fa essere più vulnerabili; la soluzione solidale è, quindi, l'unica percorribile in un viaggio che è soltanto iniziato.

La questione è "Chi risolverà i problemi sociali?" La risposta non c'è ancora; quello di cui Bauman è sicuro (e, sono convinto, siamo sicuri anche noi) è che lo Stato di oggi, cioè lo Stato di ieri, ha esaurito il suo compito.

Per usare le parole con cui ci ha salutato questo grande personaggio: per vincere nuove battaglie occorrono nuovi generali! 
Per adesso mi accontenterei di un buon Capitano!


Per le figure della fotografia ringrazio: ilfavolosomondodimimmi, stock-photo, partecipiamo.it e cartonionline.com.

5 commenti:

LB ha detto...

Marco,

risolvere problemi sociali locali è come prepararsi a combattere [la vittoria non è mai garantita] nuove battaglie ...
occorrono "nuovi generali";

se i "nuovi generali" li paragonassimo a sistemi operativi general purpose a cosa si potrebbe paragonare un primo esempio di "buon capitano"?

Sto inziando a contestualizzare e/o "localizzare" la domanda partendo da una "porchettata".

Ci vorrà ancora un po' di tempo per arrivare a "presentarla" in modo gradevole. Se non mi si rompe il CASCO da arrampicata ;)

Marco Dal Pozzo ha detto...

se i "nuovi generali" li paragonassimo a sistemi operativi general purpose a cosa si potrebbe paragonare un primo esempio di "buon capitano"?

Io rispondo: delle buone applicazioni?

Ma non capisco dove tu voglia arrivare :-/

LB ha detto...

So che non mi si può capire "al volo" ma risponderei in modo non completamente diverso dal tuo, con
un ambiente che abilita i suoi utenti a sviluppare buone applicazioni.

Attenzione: non sto dando voce a "un'idea nuova" .. da premiare con investimenti da venture capitalist .. sto offrendo una "testimonianza" .. da adeguare ai tempi e ai problemi (sociali).

Marco Dal Pozzo ha detto...

Ok, ma un sistema operativo non e' un ambiente nuovo?

Ok anche sul concetto di sviluppo. Intendo tu voglia dire che, in un ambiente nuovo, bisogna impegnarsi per [qualcosa]; la soluzione formattata non esiste.

Anche se, poi, occorre regolare il processo per evitare si vada completamente ad minchiam...

LB ha detto...

Un sistema operativo è una delle parti componenti di un ambiente di sviluppo di applicazioni "efficaci".

La parte più importante di quel tipo di ambiente è data da componenti sociali e dalle relazioni tra queste.

Se metto a confronto - retrospettivamente - due ambienti che hanno usato [inizialmente] lo stesso sistema operativo, in tempi antecedenti i corsi di laurea in informatica, vedo benissimo le loro differenze "sociali" e come queste hanno influito sull'evoluzione di quei due ambienti.

Peccato che non serva a nulla; quel che è stato è stato ... scurdammoce o' passato .. :(