sabato 3 dicembre 2011

Siamo tutti delle Pecore? #ilsabatodimdplab #4

C'è un modo scientifico e, al tempo stesso, poetico per definirci pecore. Ma non è di empatia che voglio parlare; perchè, a mio modesto avviso, c'è poco di empatico del fenomeno che sta coinvolgendo gli italiani in questo momento: Twitter!

Siamo davvero tutti pazzi per Twitter? Siamo davvero un gregge senza cervello che segue spinto da un acritico senso di appartenenza ad un mondo nel quale non si sa poi bene cosa fare? Oppure siamo guidati dal desiderio di discutere per informarci, conoscere e conoscerci, innovare e stare meglio? [questi gli elementi del WIKiD].

Ci sono comportamenti e pareri contrastanti sull'argomento.



Per chi non è pazzo di Twitter - Bauman sostiene che il Web e i Social Network hanno permesso a ciascun individuo di stare tra la gente senza dover sopportare il peso di rinegoziare i propri canoni sociali (individualizzati). Se da un lato, quindi, può infastidire che si muovano critiche interponendo un mezzo tra il critico e il criticato, dall'altro lato non trascurerei il fatto che, forse, senza quel mezzo, il critico e il criticato non sarebbero mai entrati in contatto; e che il critico, magari, non avrebbe mai azzardato una critica (scusatemi per i giochi di parole).

Per chi è pazzo di Twitter - Twitter sta diventando pop, dice Riccado Luna. Ma pop è anche il sito che balza al primo posto su Google. pop è tutto ciò che la persone vogliono e che alle persone, puntualmente, si cerca di dare. Non sono convinto, quindi, dell'autenticità e genuinità di questo fenomeno da parte di quei VIP che lo stanno generando (stanno pompando un'altra bolla!). Jovanotti, però, rappresenta (almeno per me) un'eccezione: da fare invidia ai migliori esperti la definizione concava e convessa dei Social Network (Bravo Lorenzo!).
Come dice Massimo Mantellini: "Il successo di Twitter [...] sembra passare attraverso una logica broadcast con una spruzzata di improbabile interazione: la piattaforma acquista valore ed attenzione non tanto nella costruzione di una ragnatela di rapporti interpersonali mediati da una sorta di sistema SMS allargato, ma attraverso la discesa in campo di una serie di emettitori forti, capaci di attirare l’attenzione del grande pubblico. Attorno ad essi cresce una vasta nuvola popolare di rimandi e brevi commenti, hashtag e replay di semplice esecuzione ma di modesto valore comunicativo [...].
Insomma, umanamente comprensibile il tecnoentusiasmo di chi vive il fenomeno da dentro, come twitteros; mi preoccupa, invece, il tecnoentusiasmo dell'esperto che osserva.

Per chi non riesco bene a collocare (alcuni miei VIP personali che hanno deciso di abbandonare FriendFeed) - Gianluca, Roberta, so benissimo che non vi frega niente di quello che posso pensare io sull'argomento, ma secondo me state sbagliando. Capisco la vostra scelta di volare via, ma l'abbandono di FriendFeed (cioè la - mia - dispensa giornaliera dei feed degli Amici) probabilmente sacrificherà molte interessanti discussioni che nella voliera blu sarà molto più complicato fare. Vi prego, lasciate almeno agganciato il vostro feed, se avrò da discutere con voi vi raggiungerò; ma senza feed sarà per me più faticoso sapere di voi!

Allargando il perimetro...

Per tanti il Social Network è un semplice veicolo di visite, di click, di inserzioni pubblicitarie, di soldi. Che risvolti hanno questi parametri in termini di crescita personale, sociale? Direi praticamente nessuno! Che impatto ci può essere, poi, se una tale strategia viene improvvisata? Deleterio (E, per questo, viva Twitter)! Che si parli di Aziende o di Persone (di VIP, per l'appunto) ha poca importanza: il discorso non cambia. I Guru parlano di Social Proof e di come mettere in moto il Gregge. Io dico di fare attenzione, di avere consapevolezza dello strumento, del mezzo: che non può e non deve trasformarsi in broadcast.

Consapevolezza, quindi. Quella che dovrebbe portare ciascuno di noi a non fare Like a Repubblica per leggere un articolo. Perchè il Like non può essere un indicatore da vendere ad un inserzionista, perchè il Like è qualcosa che costa in termini emotivi, perchè se anche pagassi col mio Like arriverei in un mondo chiuso, che non mi fa spaziare (gli articoli linkati di Repubblica non hanno un link che sia uno verso un sito esterno. E questa è la svolta Social di una testata giornalistica? Ma andiamo...).

E' proprio malinconica la realtà dell'Editoria, non c'è che dire. [E l'aiuto che si chiede al nuovo Governo sembra essere inascoltato] Me lo vedo PierLuca sconfortato alle parole del sottosegretario all'Editoria in un video pubblicato da Vittorio Pasteris. Davvero un brontosauro, questo Malinconico, che non riesce a vedere che le soluzioni ci sono. Ispirate, come dice lo stesso PierLuca alla "pubblica utilità e all'innovazione". E di pubblica utilità mi sembra anche la soluzione di una società francese che, a partire dal 2012, consentirà la stampa dei giornali variandone la composizione a seconda dei giorni, delle località e degli interessi delle varie fasce di lettori, producendo risparmi sia sui costi tipografici che sulla distribuzione (non troppo distante dall'idea di aided-browsing di un edicolante intelligente di qualche tempo fa).
Sui criteri il mio pensiero è abbastanza definito: sono quelli della crescita e del benessere abilitati dal e nel Modello Fotovoltaico.

Di sicuro non si cresce e non si sta bene dentro un gregge fatto di chi si improvvisa in un mestiere che non gli appartiene.

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