martedì 20 novembre 2012

@lucadebiase, @marcoprat e @pandemia e il Futuro del Giornalismo


Così un mese fa Luca De Biase concludeva un pezzo sul business dell'editoria in digitale, questioni aperte da troppo tempo.

Gli obiettivi immaginabili da questa innovazione radicale, alternativi o cumulativi, sono:
1. Trovare il modo di far pagare le notizie (dalla narrazione dei fatti in teatro al servizio digitale personalizzato e oltre)
2. Trovare il modo di convincere i lettori a sostenere il servizio di informazione con formule di “membership”
3. Passare a una formula non profit e cercare il sostegno della comunità dei “benefattori”
4. Creare piattaforme più efficienti e interessanti di quelle create dai motori algoritmici e sociali esistenti.
5. Embedding delle notizie in contenitori non replicabili di tipo ispirato all’esperienza dei sistemi iTunes-iPod
o Amazon-Kindle.

Nessuna di queste strade è facile. Sicuramente andranno perseguite in modo molteplice, sperimentale, non ideologico. Ma con energia.
La competizione sulle notizie atomiche messe in rete valorizza i sistemi per trovarle. E le home page dei siti editoriali sono solo un modo per trovarle: gli utenti di Facebook, Twitter e Google spesso le trovano in altro modo.
Il coinvolgimento del pubblico nelle vicende dell’informazione può avvenire in modi vari. Le decisioni collettive hanno bisogno di informazione metodologicamente corretta. Perché una o più tra le cinque strade citate possa funzionare occorre inevitabilmente un insieme di scelte decise per ottenere una riconoscibile qualità del servizio di informazione a favore del pubblico – e non dei sistemi di potere – con un’innovazione tecnologica e di design che cambi radicalmente il ritmo e la leadership nel settore.

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Questi, invece, i punti di Marco Pratellesi del New Age of Journalism presentati al TED di Firenze e trascritti sul sito dell'EJO.

1. Premessa:
Il giornalismo di qualità non è gratis. Ci sono tre strade:
a)  Offrire contenuti free sostenendo i costi con la vendita della pubblicità;
b)  Fare pagare i contenuti se l’originalità, la qualità e l’utilità delle informazioni trattate lo consentono;
c)  Adottare modelli misti, parte dei contenuti free, parte a pagamento.
2. Mobilità
Cellulari e tablet hanno creato un pubblico e un mercato per le informazioni in mobilità.
Dobbiamo realizzare applicazioni che rendano i contenuti di facile e immediata lettura su questi strumenti. Il lettore deve poter selezionare gli argomenti ai quali è interessato ed essere raggiunto da alert appena “le sue notizie” sono pubblicate. Le app che funzionano  fanno una sola cosa, molto bene, in maniera utile.
3. Social news
I giornalisti non sono più i padroni esclusivi delle news.
Nell’era dei social media, i cittadini sono entrati a pieno titolo nel ciclo dell’informazione. Dobbiamo imparare a stare dove sono i nostri lettori e dialogare con loro.
4. Credibilità
L’attendibilità non è più un dono che discende dall’autorevolezza della testata. Va conquistata, articolo dopo articolo.
Stiamo assistendo a uno slittamento della credibilità verso i nostri “amici” e “followers” sui social media. E’ attraverso la “nostra rete” che sempre più spesso ci imbattiamo nei contenuti per noi più interessanti. Stiamo spostando la nostra fiducia dalla testata alla rete dei nostri “strilloni” digitali.
Il giornalista deve partecipare a questa catena del valore interagendo con i lettori e con la rete. Con la pubblicazione del pezzo il lavoro del giornalista non è finito, come avveniva un tempo, ma è appena cominciato.
5. Reputazione
La reputazione sarà sempre più importante.
Oggi i lettori hanno tutti gli strumenti per valutare l’attendibilità di una testata e di ogni singolo giornalista. Quando scriviamo dobbiamo pensare che nella rete ci sarà sempre qualcuno che ne sa più di noi su un dato argomento. E si farà sentire.
6. Metriche
Il giornalismo implica una valutazione di qualità non riconducibile alle metriche puramente quantitative adottate sul web.
E’ necessario che gli editori costruiscano e impongano sistemi in grado di valutare, oltre alla quantità, anche la qualità e l’influenza del prodotto lungo tutta la filiera del valore.
7. Il libro quotidiano
Il giornale post-internet deve riposizionarsi.
Se le breaking news sono già state consumate altrove nel corso della giornata, il quotidiano deve puntare alla spiegazione degli avvenimenti lasciando al sito il ruolo principale di informare.
8. La qualità
I giornalisti potranno non essere i primi a dare la notizia.
Ma la ricostruzione accurata di un fatto, la sua analisi e contestualizzazione, le cause e le conseguenze, è più che mai centrale per aiutare il lettore, che raramente ha tempo da dedicare a queste attività, a capire. La scrittura deve essere chiara e godibile.
9. Il tempo
I giornali devono essere più brevi, più selettivi, più pensati.
Nel villaggio globale il tempo del lettore deve essere conquistato. Meno quantità, più qualità e originalità. Vale la pena coprire una notizia solo se si ha un taglio diverso dagli altri o qualcosa in più da dire.
 10. Il futuro
Il giornalismo ha un futuro se riuscirà a mantenere saldi i principi della professione.
Deve essere capace di offrire ai lettori un senso d’identificazione con la testata, carta o web, dando spazio a rapporti trasparenti, di lealtà, e alla conversazione aperta tra pari con i lettori.

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Ed infine, un paio di risposte di Luca Conti nella sua intervista sul Giornalismo Digitale.

7. Quali strategie consentiranno la sopravvivenza della stampa cartacea?
Una riduzione dei costi e quindi dei giornalisti, integrando il prodotto cartaceo con il prodotto per il web e le piattaforme digitali, cambiando ragione di essere. Non più un giornale omnibus con tutto e nulla, ma un prodotto più volto all’approfondimento e al ragionamento, meno alla cronaca del giorno prima e alle news come merce, diffuse invece naturalmente sul web, grazie al tempo reale dell’aggiornamento minuto per minuto
8. Creare un progetto editoriale capace di sostenersi economicamente producendo contenuti di qualità sembra quasi una missione impossibile. Quali sono, secondo lei, le vie per rendere lucrativo il giornalismo digitale?
Se lo sapessi fonderei un giornale online. Scherzi a parte, il bacino ristretto della pubblicità in Italia e il limite della lingua fanno sì che la massa critica necessaria sia difficile da raggiungere. Con lo sviluppo graduale del mercato della pubblicità online, probabilmente diverranno sostenibili giornali online tematici su settori potenzialmente ricchi di pubblicità verticale e dall’altro, con lo scioglimento dell’iceberg della pubblicità locale, anche il giornalismo locale su bacini metropolitani potrebbe diventare sostenibile. Scelti i temi, è indispensabile pensare il giornale in chiave community, producendo non solo notizie, ma fidelizzando un pubblico sempre più numeroso da coinvolgere in modalità diverse, come eventi o altri prodotti collaterali, così da generare ulteriori ricavi. Non è facile, ma è una sfida da cogliere, meglio ancora se in chiave internazionale.

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C'è tanto, tantissimo di condivisibile e condiviso in queste parole. C'è il riposizionamento al centro del lettore, c'è la qualità dei contenuti; c'è la community. E c'è anche qualcosa che richiama la filosofia slow. C'è molto, quindi, del Modello Fotovoltaico.
Manca, però, lo Stato e la soluzione, a mio avviso indispensabile, di un [rivisitato] metodo di finanziamento pubblico alle testate giornalistiche. Capisco che ne faccio una questione di ideologia; del resto è politico l'indirizzo che bisogna dare verso un ecosistema informativo che non sia un mercato.

2 commenti:

Luca Conti - Pandemia ha detto...

Parto dal presupposto che la tetta pubblica si è esaurita. Meglio creare modelli sani senza assistenza pubblica

Marco Dal Pozzo ha detto...

Luca,
grazie per la cura che hai nel rispondermi sul blog :)
Si, l'avevo capito e mi sembra ne abbiamo discusso anche altre volte qui in giro.
Ovviamente qui si "scontrano" due visioni differenti; io ritengo che un modello possa essere sano anche con l'assistenza pubblica.
Ma, come si dice in questi casi, staremo a vedere.