sabato 26 febbraio 2011

(iper)locale. Il successo di Tindle Newspapers in Gran Bretagna

«Il lettore medio non è interessato ai grandi temi ma lo è molto a ciò che accade nelle immediate vicinanze. Se si potesse avere un giornale per ogni strada venderebbe. Di certo si può vendere un giornale in ogni città. La gente vuole leggere il suo nome, o quello dei suoi cari, sulla carta stampata. E vuole che anche gli altri lo vedano»

Questa è la voce di Sir Ray Tindle, proprietario di oltre 200 testate giornalistiche locali in Gran Bretagna che non sembra stia vivendo la crisi della carta stampata, come sintetizza Mattia Bernardo Bagnoli su La Stampa. Sono andato a curiosare per capire un pò meglio il fenomeno anche alla ricerca di qualche indicazione su un Business Model evidentemente di successo.


Quello che mi ha colpito, sia sfogliando le versioni digitalizzate del cartaceo sia clickando nelle versioni Web, è la totale assenza di notizie di interesse nazionale e internazionale.

Due prime indicazioni, per altro ampiamente prevedibili:

  1. Le versioni sul Web delle testate non offrono molto. Direi praticamente nulla. Le notizie sono di cronaca e sport; le più dettagliate non superano le 2000 battute mentre alcune sono poco più di un tweet (c'è però da dire che l'analisi che ho fatto - per ovvie ragioni di tempi - non è rappresentativa del fenomeno). Vi risparmio, a tal proposito, alcune considerazioni fatte sul confronto web/cartaceo per le testate (iper)locali.
  2. Alcune testate sono proprio per inserzionisti (ecco due esempi: The Enfield Advertiser e North Cornwall Advertiser in cui la parola Advertiser compare nel nome); in quelle che non si dichiarano tali, le inserzioni in ogni caso sono ovunque e a volte arrivano letteralmente a sovrastare le notizie. Provate a sfogliare The Ross Gazette o The Forrester of Dean and Wye Walley Review. C'è da dire che non una bellissima esperienza per il lettore.

Per le considerazioni sul Modello di Business segnalo praticamente l'evidenza:

  1. advertising (Cartaceo e Web);
  2. free (Web)
  3. payment (Cartaceo)

Quanto ai prezzi, ho trovato 25p, 32p, 35p e 40p; alcuni sono gratuiti (ad esempio il North Cornwall Advertiser).

La periodicità delle testate è variabile: si passa dai quotidiani, ai settimanali per arrivare anche ai mensili.

Dal sito viene offerta la possibilità della sottoscrizione con sconti per abbonamenti trimestrali e annuali (prendo a caso un paio di esempi: il Farnham Herald Today e il Dawlish Gazette).

Una ulteriore chiave di lettura del successo di questo fenomeno è in queste altre parole di Sir Tindle:

«Noi non dobbiamo soldi a nessuno, tutti i miei giornali sono gestiti in modo indipendente, hanno il loro conto in banca», prosegue. «Se sono in crescita o in perdita non è dovuto alla recessione o alla crescita del web, ma alla bravura dei loro amministratori»

Per quanto mi riguarda, considerato anche quello che accade a casa nostra, le conclusioni sono scontate!

2 commenti:

Roberto ha detto...

Il successo di un modello tradizionale come questo dimostra che l'informazione iperlocale ha del potenziale inespresso.
Geolocalizzazione dei contenuti e crowdsourced news per me sono i principali tasselli mancanti.

Marco Dal Pozzo ha detto...

Roberto, grazie del commento :)

Domanda: quando parli di geolocalizzazione e crowdsourcing ti riferisci ancora all'iperlocale?

Se si, non riesco a capire come tu lo intenda. Dal mio modestissimo punto di vista, nel caso iperlocale, la geolocalizzazione non ha troppo senso considerando che il bacino di utenza, per notizie che non hanno un nessun modo un rilievo "generale" (i.e. nazionale, mondiale...), e' gia', come dire, localizzato di per se'!

Quanto al crowdsourcing, nel giornalismo (iper)locale viene praticamente gratis!

Il discorso cambia e si sposta su un piano completamente diverso quando la notizia, il fatto, ha un rilievo piu' ampio che travalica i confini della zona in cui il quotidiano e' distribuito.

Ho riflettuto ad alta voce ed e' probabile che le abbia sparate grosse :)