sabato 11 giugno 2011

gli Artifici del Diritto al Servizio della Conoscenza

I bisogni di bene comune non sono paganti se il diritto non li rende artificialmente tali. Infatti (salvo nel caso di un intervento del diritto sotto forma di ratifica e formalizzazione dell'occupazione esclusiva) il bene comune offre servizi dati per scontati da chi ne beneficia e il suo valore si misura soltanto in termini di sostituzione quando esso non c'è più.

La consapevolezza del valore dei beni comuni può essere creata soltanto attraverso uno specifico investimento sul fronte della domanda lavorando sulla consapevolezza del nostro rapporto con il contesto in cui essi producono i loro servizi.

I beni comuni sono entità di cui sussiste un bisogno pubblico e privato che non è pagante a causa di tale mancanza di consapeInserisci linkvolezza.


Questo è l'incipit del contributo di Ugo Mattei, intitolato "La nozione del comune", nella rassegna curata da Paolo Cacciari "La società dei beni comuni".




Dando per scontata, almeno per ora, la validità della dimostrazione del teorema secondo cui la Conoscenza è un Bene Comune (magari troverò articolate conferme in un testo appena acquistato), si potrebbe declinare il pensiero di Mattei dicendo che, anche per la Conoscenza - in quanto Bene Comune, cioè progetto di società - dovrebbe esserci un diritto che ne crei artificialmente la caratteristica pagante.

[Per la questione della consapevolezza tornano utili gli argomenti sull'educazione]

Come sa chi segue i ragionamenti in questo spazio, la Conoscenza può essere vista come output di un percorso [che non può prescindere dalla tecnologia che lo veicola] che, originato da un dato, arriva ad una informazione su una specifica materia (definita finora come "tipologia di contenuto" sull'asse orizzontale dello schema della Qualità 3D). La Conoscenza, in tale visione, è a sua volta input per la seconda fase di tale percorso, quello che porta alla Saggezza e al Benessere delle Persone/Cittadini e, quindi, dell'ecosistema-Stato.

Come si potrebbe creare una base giuridica che assegni artificialmente alla Conoscenza la caratteristica di un bene pagante?

Un primo passo è senza dubbio la proposta di modifica dell'articolo 21 della Costituzione che, secondo la proposta del suo primo firmatario, Roberto Di Giovan Paolo, prevede l'inserimento nella nostra Carta di un articolo 21-bis:

Tutti hanno uguale diritto di accedere alla rete Internet, in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale.

La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire le violazioni dei diritti di cui al Titolo I parte I.


Il Modello Fotovoltaico, però, per la sua attuazione, avrebbe la necessità (almeno) di un ulteriore "artificio giuridico" che sancisca la garanzia del contenuto per i cittadini: la garanzia della Conoscenza.

Tralasciando il passaggio, fondamentale, della misura del Valore in Euro (la definizione di Qualità potrebbe aiutare in tal senso), lo Stato dovrebbe elargire ai Cittadini una congrua quantità di moneta (misura del Valore, per l'appunto) per l'accesso al Contenuto (su Quotidiano).

Per ora intravedo almeno due modi (alternativi) di vedere la questione:

  1. la moneta per l'acquisto del Contenuto/Conoscenza è un finanziamento dell'Ente Centrale (lo Stato) al Cittadino e che il Cittadino poi è in grado di ritornare indietro sottoforma di crescita (personale e, quindi, anche globale) economica e sociale;
  2. la moneta per l'acquisto del Contenuto/Conoscenza andrebbe vista come un Reddito di Cittadinanza posti in circolazione non dalla Banca Centrale ma da un Ente pubblico (lo Stato).

Nel primo caso dovrebbero in qualche modo essere applicati i criteri della Finanza Etica; nel secondo, magari opportunamente rivisti, i principi della Proprietà Popolare della Moneta (portati alla ribalta nazionale ed internazionale del mio compianto concittatino Giacinto Auriti) di cui andrebbero approfondite le dinamiche.