domenica 21 marzo 2010

un Valore da Considerare [e da pagare]

Leggendo l'Introduzione al libro Giornalismo Patecipativo di Gennaro Carotenuto, mi sono fatto l'idea che, nell'arco degli anni, è come se l'informazione dell'Internet sia nata nel momento in cui le logiche commerciali facevano prendere all'informazione Mainstream una strana piega. Questa distorsione di logica portava il Giornalismo a non avere più il ruolo di garante del diritto ad una informazione senza compromessi semplicemente perchè l'acquirente del servizio non è stato più il pubblico ma lo sponsor. È stato il Marketing, prosegue Carotenuto, ad orientare le rappresentazioni della società che i media proponevano all'opinione pubblica ed è stato a questo fenomeno che [concludo io semplicemente scorrendo l'asse dei tempi] si è reagito con il Giornalismo Digitale. Tutto questo avveniva negli anni '80: quando cominciava l'invasione delle pubblicità nelle televisioni, già la telematica faceva in modo che l'informazione fosse prodotta e distribuita [questa la ricostruzione storica di Carotenuto e la prendo per buona]. Negli anni '90, poi, il Mainstream tentava l'avventura in quell'entità che, da telematica, cominciava a chiamarsi il digitale [confesso di dover approfondire la cosa].

Molto più spesso, col passare del tempo e con l'avvicendarsi dei Governi e dei relativi Governanti, oso pensare che questo fenomeno ha cominciato ad obbedire a logiche non più [e non solo] strettamente commerciali. A sostegno di questo pensiero, e per esprimere contestualmente [e semplicemente] una differenza che individuo tra il Mainstream e l'Internet, prendo in prestito il titolo del saggio del libro di Chomsky citato da Carotenuto [che confesso di non aver letto]. Nel Mainstream abbiamo sempre più una Fabbrica del Consenso inteso proprio come adesione all'altrui volontà; un consenso, un'adesione da costruire ad arte da una Informazione che il mainstream tende sempre più ad assimilare al concetto di Comunicazione. Nell'Internet, invece, credo sia molto più opportuno parlare "semplicemente" di senso; della sua costruzione parla Luca De Biase nel suo Economia della Felicità [questo invece l'ho letto].

Un paio di paragrafi [spero utili o, almeno, non troppo noiosi] per preparare il terreno ad una mia riflessione.

La conclusione a cui sono giunto semplicemente analizzando il susseguirsi degli eventi, è che il Giornalismo digitale, l'informazione dell'Internet ha rappresentato la rivalsa verso un Giornalismo Mainstream che stava tradendo quel ruolo di garanzia che il Giornalismo avrebbe dovuto avere, conservare. Il digitale, l'Internet ha permesso la distribuzione orizzontale dell'informazione e lasciato, lungi dal fabbricare un consenso, che si creasse [ovunque quell'informazione si lasciasse sedimentare un pò] un senso.

Il succo della mia riflessione è proprio nella sedimentazione dell'informazione. Penso al Social Bookmarking o al Blogging in cui, da una sedimentazione dell'informazione [o, più in generale, di un articolo] generato[a] da una sorgente [magari originariamente Mainstream poi confluita nel Digitale], si sviluppa un dibattito fatto di esposizioni di punti di vista e feedback continui. I primi sono senza dubbio quelli lasciati dai lettori nei siti Internet delle testate [e nelle eventuali community] per arrivare alle appassionanti discussioni fatte in interessantissimi thread dove la tecnologia lo permette. Bene, senza un seme non potrebbe mai germogliare nessuna discussione, non si potrebbe formare nessuna opinione, non potrebbe esserci nessuna dialettica. Niente di niente!

Se si sa attribuire un Valore a queste discussioni [sfido chiunque a pensarla diversamente!], a questo processo di generazione del senso, non si può non sapere attribuire Valore al seme che riesce a produrle. E se si fa riferimento alla quantità di informazioni che il Giornalismo ci distribuisce ogni giorno, non possiamo nemmeno ignorare che uno dei semi è il Giornalismo stesso [Mainstream o meno, carta oppure online, rosso o nero, rosa o blu!].

E questo Valore ha, che lo si voglia oppure no, una parte di materiale. Un soldo che dobbiamo ammettere di dover spendere!

Quanto costa un seme di una pianta? E quanto valore ha poi il fiore che ne cresce? Certo, occorre il terreno adatto, ma a quello dobbiamo pensarci noi.

Bisogna entrare, insomma, nell'ordine di idee che non si parla più di un processo che può innescarsi senza spesa e che, continuando a desiderare di esserne parte, dovremo accettare di affrontare. Direttamente o indirettamente!

O no?


2 commenti:

Anonimo ha detto...

Fatico molto a seguire il ragionamento del post, che per fortuna mi offre una via d'uscita accettabile: il soldo - per cominciare - lo spenderei per dotarmi del terreno adatto .. se il giornalismo mi permette di cominciare a farlo.

Marco Dal Pozzo ha detto...

Anonimo,
in un periodo di crisi dell'Editoria del Cartaceo e anche del Web si e' alla ricerca del miglior modello di business per poterne risollevare le sorti [il sistema deve essere sostenibile dal punto di vista economico]

Quello che voglio dire e' che bisogna che noi utenti cominciamo a riconoscere il valore di quello che il Giornalismo [Cartaceo e Web] fa per noi che discutiamo [nei Bar o nei Social Network] con le informazioni che sa darci in pasto.

E riconoscere un valore, dando per scontato che il terreno e' quello adatto [siamo, noi, capaci di discutere, di argomentare, di confrontarci su una notizia, su un articolo, giusto?], dovrebbe automaticamente implicare la predisposizione al pagameto [diretto se pensiamo a quando compriamo un Giornale o indiretto se pensiamo al bombardamento di pubblicita'].

Spero di aver chiarito e grazie del commento!