La previsione di Luca Conti di un Twitter nella quotidianità delle persone come modello di agenzia di stampa globale e personale non so bene se augurarmi si avveri oppure no. E non saprei dire in quali modalità.
Ragioniamoci su.
Viviamo e sicuramente vivremo in un mondo di Tweet in cui la tempestività non è/sarà necessariamente un valore perchè serve solo uno strano bisogno di velocità fine a se stessa senza che ci sia alcuna forma di ragionamento. E, per non rimanere travolti in quel ginepraio che sa diventare la Timeline, serve/servirà senza dubbio il lavoro di un professionista. Che costo giornaliero avrebbe la vivisezione di una notizia [falsa] come quella della morte di Fidel Castro? Quale costo avrebbe il filtraggio e la verifica di una notizia dopo che, proprio in quella confusionaria Timeline, nasce e prende forma? Costi sicuramente non nulli; costi che dovremmo essere disposti ad accettare di pagare oltre al piccolissimo sacrificio di aspettare un pò: "la notizia di ieri, domani" dice Laufer nel suo Slow News!
E se c'è bisogno di filtrare in questo nuovo ecosistema informativo, beh, che ci si attrezzi! Chi non vuole essere complice di una degenerazione, chi - cioè - sente in qualche modo come una missione il proprio mestiere di Editore e di Giornalista, guidi il Cittadino in un percorso che si sta facendo sempre più a ostacoli.
Perchè la Rete sta ormai diventando terra di conquista. Bauman dice che il capitalismo è quel sistema che cerca pascoli vergini da conquistare. Ora: è comme se Twitter stia pian piano perdendo la sua verginità in una dinamica che rappresenta a tutti gli effetti la trasposizione digitale del pensiero del sociologo polacco: non soltanto una mole impressionante di [insignificanti] tweet, ma anche approdo di personaggi che incarnano e trasfondono subdolamente [forse anche perchè loro stessi non se ne rendono conto] il messaggio - ancora Bauman - di un capitalismo ormai parassitario, che ha esaurito il suo compito ma che ostinatamente cerca di resistere.
Il messaggio positivo è che ci si può/potrà difendere da questi [tentativi di] conquista. Non si tratta soltanto di filtrare una Timeline, ma di difendere i pascoli del Bene Comune [Rif. Luca De Biase qui e, soprattutto, qui] che è la Conoscenza acquisendo consapevolezza del valore di tale Bene. Ma occorre/occorrerà che la Comunità agisca per preservarli anche per chi questa consapevolezza non ce l'ha. Le idee Timu vanno sicuramente in questa direzione [io ho cercato di dare il mio contributo] ma, [mi] chiedo: qual è questa Comunità? Io penso sia necessaria un'azione dal Basso. Ma, [mi] chiedo ancora, cosa c'è di più Basso dello Stato? [lo "Stato siamo noi" non l'ho detto mica io!]
Chiaramente la questione riguarda anche la Rete, l'infrastruttura. A poco serve speculare filosoficamente; il dato di fatto, almeno in Italia, è che l'internet fissa in banda larga diminuisce. Dove sono le responsabilità? Se si accetta l'idea che non è soltanto la Conoscenza ad essere un Bene Comune ma anche il mezzo che la veicola, quale Comunità se non - ancora - lo Stato, cioè Noi, deve farsi carico di questa garanzia?
Speriamo abbia ragione Giuseppe Granieri quando prevede che la trasparenza di internet sarà sempre più evidente. Ma senza consapevolezza, praticata e insegnata, non si va da nessuna parte!
2 commenti:
Marco, detto con stima, non ho capito dove vuoi andare a parare.
Sul fatto che consapevolezza sia la parola chiave rispetto al social web sono completamente d'accordo.
Il ruolo dello Stato? Considerando quanto successo in questi ultimi anni, meno lo Stato interviene in questi ambiti, meglio è.
Twitter terra di conquista? Naturale lo sia, visto che parliamo di una piattaforma privata e non di un protocollo internet neutro. Twitter ha l'interesse a guadagnare e se c'è gente, è naturale che arrivino gli imbonitori e gli attrattori professionali di attenzione da monetizzare. E' già successo altrove, perché non dovrebbe succedere in Italia?
Con questo Twitter diventa inutile? Niente affatto! Diventa sempre più importante filtrare e usare lo strumento con consapevolezza.
Si può? Certo che sì, ma non lo puoi imporre a nessuno. E' una scelta individuale, come quella di guardare la tv invece di andare a fare due passi, leggere il gossip invece delle guerre nel mondo, giocare online invece di apprendere online.
Se sono fuori strada, riportarmi sulla retta via :)
Bentornato da queste parti Luca!
Cerco di ri-contestualizzare le mie parole perche' si inquadrano in un filone che sto seguendo/curando da piu' di un anno: quello della Conoscenza Come Bene Comune.
Cosa c'entra lo Stato? Se l'obiettivo minimo di uno Stato (qui inteso non soltanto come apparato burocratico ma proprio come il Noi) e' la crescita e se siamo d'accordo sul fatto che si cresce anche [io direi soprattutto] "conoscendo", dovremmo essere d'accordo anche sul fatto che lo Stato [Noi] debba avere cura di creare le condizioni migliori di "conoscenza". Sul come poter avviare un discorso simile, se sei curioso, puoi vedere qui o in un paio di mie presentazioni su slideshare (qui e qui).
[E' ovvio che qui si parla di uno Stato inteso in modo diverso; che, in qualche maniera, dovrebbe auto-riformarsi]
Due ulteriori osservazioni che mi auguro servano:
1. Siamo sicuri che sia crescita un uso di un Bene Comune teso alla pura monetizzazione? Probabilmente no. Ma poi, e' ovvio, ognuno faccia quello che vuole...L'importante e' filtrare servendosi di un lavoro giornalistico/professionale.
2. Chi e' consapevole di cio', praticamente tutti quelli citati in questo post e quelli con cui sono in contatto sui SN lo sono, fa un passo verso questa "auto-riforma". Ma tale consapevolezza non deve rimanere confinata in questo network. Deve uscirne anche fuori! Tanto per intenderci, il codice Timu proposto da Luca De Biase, sarebbe perfettamente inutile se fosse applicato soltanto da quelli che fanno parte di un network gia' consolidato.
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